22 Luglio 2019 - 13:32

Tolkien: il viaggio nella mente di uno scrittore “al fronte”

tolkien giffoni experience

ZON.it ha recensito per voi in anteprima il nuovo biopic Tolkien, basato sulla vita del mitico scrittore. Ad interpretarlo, c’è il mitico Nicolas Hoult

Molti scrittori rimasti nella storia hanno ricevuto delle ferite indelebili da parte di agenti esterni. Uno di questi in particolare, la guerra, ha colpito più menti. Basti solamente menzionare scrittori colti come D’Annunzio, Carlo Emilio Gadda o anche l’austriaco Robert Musil. Ognuno di questi, chi più chi meno, è stato segnato a vita dall’esperienza straziante (o epica, a seconda dei pareri) del conflitto mondiale. Da iscrivere a questo particolare elenco è uno degli scrittori più influenti del ventesimo secolo: John Ronald Reuel Tolkien.

A molti questo nome sarà naturalmente noto, in particolare per una delle saghe fantasy più belle della storia della letteratura: Il Signore Degli Anelli. Tolkien, però, non era solo questo, ma molto di più. Era una mente pensante, sensibile, con una cultura immensa che si evidenziava tutta soprattutto nel suo amore sconfinato per le lingue. Lo scrittore ne parlava diverse, tra cui il finnico e soprattutto il gotico, lingua in cui compose tantissime delle sue opere.

Dunque, l’obiettivo di Dome Karukoski (candidato al Premio Oscar nel 2017 con il suo Tom Of Finland come miglior film straniero) è quello di portarci e immergerci a 360° nella strana vita dello scrittore e filologo britannico. Tutti gli aspetti della sua vita, in effetti, vengono toccati nel biopic a lui dedicato. Dalla partecipazione al fronte, agli studi ad Oxford all’amore con la moglie Edith Bratt.

Ad interpretare il mitico scrittore, è stato scelto uno degli attori più in voga del momento, che sta godendo di una carriera in continua ascesa: Nicolas Hoult. Chi lo conosce, ha già potuto godere della sua prestazione in The Favourite di Yorgos Lanthimos. Questa volta, però, è lui il protagonista. Sarà riuscito a raggiungere le aspettative?

L’amicizia, l’amore e la scrittura

Il film narra di tutta la vita di J.R.R. Tolkien. Si incomincia narrando la sua drammatica giovinezza, vissuta in continuo movimento a causa dei problemi di salute familiari (il padre è morto quando aveva solamente quattro anni, mentre la madre quando ne aveva dodici). Nel 1903, però, arriva la svolta: lo scrittore vince una borsa di studio che gli permette di accedere alla King Edwards.

Da orfano, viene affidato insieme al fratello ad un sacerdote cattolico degli Oratoriani, tale padre Francis Xavier Morgan. Sotto la sua guida incomincia a sviluppare attrazione per la scrittura (esercitata ancora in piccole dosi) e soprattutto per le lingue antiche, come il gotico e il finnico. Inoltre, trova una fornita compagnia d’amici (il quartetto del Tea Club Barrovian Society). Tramite essi, incomincia a comprendere l’importanza della scrittura per cambiare il mondo e incomincia soprattutto ad avvicinarsi al suo amore definitivo: l’amata Edith Bratt (Lily Collins).

Successivamente, Tolkien si ritrova a fare i conti con la poca voglia di fare al college, ammonito anche da padre Morgan, fino al punto di essere cacciato. A questo punto, la narrazione si ricongiunge con il presente e ci presenta il secondo aspetto dello scrittore: quello del soldato al fronte. Si arruola, infatti, per combattere la Prima Guerra Mondiale. Tra mille peripezie, riesce a rientrare in Inghilterra e congedarsi e convogliare a nozze con l’amata Edith.

Una vita pienissima.

Un biopic anomalo

La prima sensazione che Tolkien ci porta è quella di non trovarci di fronte ad un biopic. La struttura, infatti, si alterna tra presente e passato, garantendo una completezza della visione della vita dell’autore. Naturalmente, questo può straniare gli spettatori che si aspettano un film d’intrattenimento. Questi ultimi stanno sbagliando completamente indirizzo.

Il film permea la vita di Tolkien di mistero, e lo stesso Nicolas Hoult garantisce con la sua recitazione ermetica un alone “tenebroso e drammatico, risultando adatto al ruolo. Karukoski, oltre ad illustrare la vita, ci induce anche a pensare su quanto la condizione di uno scrittore sia difficoltosa e su quanto sia un mestiere che ha poca risposta economica. Si apre, quindi, una riflessione pessimistica sul mondo del lavoro a 360°.

Fortunatamente, a rendere il tutto meno pesante vi è una leggera vena comica importata dai tre amici del protagonista, ovvero Patrick Gibson, Anthony Boyle e Tom Glynn-Carney. I tre garantiscono una ventata di freschezza ad un film altrimenti difficilmente sostenibile.

Oltre ad una regia mai banale di Karukoski, l’aspetto più inusuale è l’immissione della dimensione onirica in un biopic. Una dimensione che ci guida a pieno nel mondo editoriale di Tolkien e svela anche il lavoro e le idee che hanno portato ai suoi scritti più famosi (come Il Signore Degli Anelli).

La nostalgia

Uno degli aspetti sicuramente negativi di Tolkien, paradossalmente, è proprio la continua oscillazione tra passato e presente, che sicuramente non aiuta lo spettatore ad immedesimarsi subito nelle gesta del protagonista. Inoltre, viene data ben poca rilevanza ad una relazione (quella con la moglie Edith Bratt) davvero fondamentale per la vita dello scrittore. E in un biopic è un difetto non di poco conto.

Detto questo, l’andatura della vicenda resta comunque altalenante e oscilla in vari ambiti (dal romantico alla commedia, passando per il drammatico) senza stabilizzarsi su un registro fisso. A battute comiche interessanti si alternano momenti di pura stasi seguiti da momenti eccessivamente “smielati“. Questi momenti, inoltre, faticano a carburare, lasciando tantissime “zone morte” che potevano essere colmate decisamente meglio.

In più, la vena nostalgica dettata dal finale non si confà agli ambienti dettati dalla precedente narrazione. I dialoghi, a tratti, sono scontati e perdono d’intensità col passare dei minuti, evidenziando difetti di sceneggiatura.

Ma da un biopic non ci si può aspettare di osare, a meno di stravolgimenti interi della trama.