7 Luglio 2021 - 09:57

Una “sorella” per le vittime di bullismo e cyberbullismo: la storia di Diana Gini

diana gini bullismo e cyberbullismo

Diana Gini, da vittima a motivatrice: la sedicenne parla dell’effetto lockdown sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo e della sua svolta

Non esiste più differenza fra bullismo e cyberbullismo. Per la Generazione Z una cosa che succede nella vita reale ma non viene raccontata sui social è come se non esistesse“.

A spiegarlo è Diana Gini, 16enne al quarto anno delle scuole superiori, ex vittima di bullismo e cyberbullismo per tutti gli anni delle elementari e delle medie. Oggi, Diana è un saldo punto di riferimento per quanti stanno subendo fenomeni di violenza e cyberviolenza. In genere mi scrivono ragazzi a partire dai 13 anni fino ai 15“, racconta a StartupItalia. Gli adolescenti che si rivolgono a leivogliono semplicemente essere ascoltati e capiti, sostenuti“, chiarisce Diana, aggiungendo: “I loro genitori il più delle volte minimizzano. In effetti tutti sono passati attraverso delle prese in giro, ma nessuno capisce che se la cosa è reiterata e amplificata sui social, il mondo del ragazzo diventa l’unico universo possibile, che gli è pure ostile.

La sua storia

La storia di Diana cominciò tra i banchi di scuola elementare. Nello stesso istituto c’era Diletta, sua sorella di quattro anni più grande, affetta da una grande disabilità dalla nascita. I compagni di scuola fecero di tutto per isolarla: Mi dicevano che se mia sorella era handicappata allora lo ero sicuramente anche io e che allora starmi vicino faceva schifo e che me ne dovevo andare e starmene da sola. Hanno incominciato prima a perseguitarmi a parole ed urla, quotidianamente, senza tregua. Poi è arrivato il momento degli atti fisici: dagli sputi dentro il mio piatto in mensa agli spintoni e sgambetti in corridoio e così via. Ogni giorno.”

Ma l’evento che significò un’importante e decisiva svolta è indelebile nella sua memoria: “Me lo ricordo come se fosse ieri. Il 25 gennaio 2017 una compagna di scuola mi seguì in bagno urlando, all’interno mi bloccò contro il muro e mi minacciò di morte con un taglierino puntato alla gola. Fortunatamente poi se né andata. Io rimasi immobilizzata. Poi, una volta ripresami, andai a prendere il cappotto per andarmene a casa: l’ho ritrovato completamente tagliato e stracciato dal taglierino.”

A quel punto la madre ebbe un colloquio con la Professoressa. Quest’ultima rispose al genitore: “Signora, ma io mica sono un’esperta di cucito, cosa vuole che ne sappia se quel taglio lo ha fatto sua figlia o un’altra ragazza?’. Da quel momento Diana cambiò istituto e per le si spalancò una nuova vita, una nuova possibilità di sentirsi libera e felice: “Dopo un po’ di tempo nella nuova scuola ho avuto il coraggio di scrivere della mia esperienza in un tema, che poi la mia professoressa ha voluto condividessi con tutta la classe. La reazione dei miei nuovi compagni è stata il contrario di quella a cui ero abituata: mi hanno chiesto se volessi parlarne con loro, se avevo bisogno di aiuto, mi hanno coinvolto sempre più. Intanto, i miei vecchi compagni continuavano a perseguitarmi sui social, ma a quel punto per me non esistevano più.