13 Agosto 2018 - 12:07

“Una storia quasi solo d’amore”: quando abbiamo smesso di stupirci?

Una storia quasi solo damore, Paolo di Paolo

Paolo di Paolo intreccia l’amore per il teatro con quello tra Nino e Teresa. Dietro le quinte di “Una storia quasi solo d’amore, c’è una “vecchia zia”

Eravate bellissimi. Soprattutto verso sera“. Con questo inizio folgorante, Paolo di Paolo rovescia la propria anima tra le pagine. Lo scenario descritto è quello del teatro: le prove, lo sforzo, l’illusione, il sudore che si addensa sulla schiena. Le battute pronunciate fino allo sfinimento, e la rabbia versata sul palco, stretta in un posto tra il fegato e lo stomaco.

Nino e Teresa

Nino ama l’ambiente teatrale, lo confonde con la vita. E’ ironico, ateo, apolitico e ha un talento per la smitizzazione dei modelli. Coltiva l’aria scettica di chi irride la serietà.

L’incontro con Teresa, la nipote della sua insegnante di teatro, apre un varco nella sua corazza. Lei è sette anni più grande, lavora in un’agenzia di viaggi e compensa la frustrazione immaginando posti in cui forse non andrà mai.

Quello tra i due è un appuntamento imprevisto che si può paragonare ad un “arco elettrico che si accende fra le estremità di metalli giusti e li scalda”. Ed è casuale come un “minuscolo incidente della geografia e della storia, […] [perché] fra milioni di chilometri quadrati e di anni, [Nino e Teresa si trovano su] lo stesso marciapiede, da questa parte dell’universo, un lunedì di fine ottobre, dodici minuti dopo le sette di sera.”

Presto si staglia tra loro una spinosa diversità. Ma la distanza iniziale sfocerà in un reciproco magnetismo. D’altronde, l’amore è una “corrente che scava l’estraneità e la trasforma in confidenza”. Di qui la copertina con la figura di un uomo intento a nuotare in un oceano. La sagoma ondosa rievoca proprio il profilo del volto di una donna.

La vecchia zia

La zia di Teresa è la voce narrante. Spia quanto accade con delicato riserbo, infondendoci tra le righe una incommensurabile pazienza. Dietro le quinte dell’esistenza e del teatro, è lei che manovra i fili del destino. Non c’è fretta. Dispiegarli equivale a vivere.

La donna sa che Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna ideologia) e che Teresa, col suo indecifrabile fascino, sembra andare oltre. Sebbene ostaggi di un mondo invecchiato, li vede proiettarsi verso un sentimento nuovo. Una scommessa.

Ma proprio mentre il desiderio esplode, Grazia esce di scena. L’indelebile assenza si manifesta in una “rilettura” posteriore della storia di Nino e Teresa. Riuscirà Nino a vivere con incantato stupore? Potrà Teresa ridare linfa vitale alla sua vita?

L’arte dello stupore

Le domande che balenano nella mente del lettore sono: “Perché Nino ha desertificato così a lungo le sue emozioni?” “In generale, quando abbiamo smesso di sorprenderci?” Ed anche: “Cos’è davvero lo stupore?”

Nell’inchiostro, una risposta: “Lo stupore? E l’attenzione autentica, profonda, che ci teneva incollati alle cose per ore, alle scoperte della vita intellettuale, alle parole degli sconosciuti, un po’ a tutto. Resta come un piccolo guscio di noce, al centro di noi (…) E’ la parte più viva e più umana. Ma non basta. Non brilliamo più. Qualcuno, da lontano, scambia per luce vera il neon freddo e sterile del saperci fare.”

L’Estasi

Lo svolta arriva in una Chiesa di Roma. La coppia contempla l‘Estasi di Santa Teresa del Bernini. È proprio lì, nell’intimità del luogo sacro, di fronte alla scultura dedicata alla santa di cui lei porta il nome, che i due ascendono ad una dimensione quasi sacra.

“La vedi quella scritta in latino, lassù, tenuta in mano dalla piccola folla di angeli? Dice così: se non avessi creato il paradiso, lo farei anche ora solo per te. Sembra una dichiarazione d’amore, ha detto Nino. È una dichiarazione d’amore, ha detto Teresa”.

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