“Vedrai, vedrai” scriveva Luigi Tenco nel lontano 1965. Così inizia il testo di uno dei brani più commoventi del cantautore: siamo di fronte ad una lettera intima, intonata quasi in un sussurro.
Le parole hanno un destinatario preciso: sua madre, la donna che l’aveva cresciuto da sola e che sognava per lui un avvenire luminoso. Il suo cruccio di figlio era quello di aver rincorso la vocazione artistica e musicale, abbandonando la strada sicura.
Quando la sera me ne torno a casa
Non ho neanche voglia di parlare
Tu non guardarmi con quella tenerezza
Come fossi un bambino che ritorna deluso
Sì, lo so che questa non è certo la vita
Che ho sognato un giorno per noi
Vedrai, vedrai
Vedrai che cambierà
Forse non sarà domani
Ma un bel giorno cambierà
Vedrai, vedrai
Non son finito sai
Non so dirti come e quando
Ma vedrai che cambierà
Preferirei sapere che piangi
Che mi rimproveri di averti delusa
E non vederti sempre così dolce
Accettare da me tutto quello che viene
Mi fa disperare il pensiero di te
E di me che non so darti di più
Vedrai, vedrai
Vedrai che cambierà
Forse non sarà domani
Ma un bel giorno cambierà
Vedrai, vedrai
No, non son finito sai
Non so dirti come e quando
Ma un bel giorno cambierà.
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