25 Dicembre 2015 - 12:00

Villaggio di Babbo Natale, esiste o no?

villaggio di babbo natale

Quanti di noi hanno desiderato visitare il vero villaggio di Babbo Natale? E se lo visitassimo, cosa vedremmo? Questo ed altro nell’articolo di aZONzo

[ads1] “Caro Babbo Natale, quest’anno sono stata brava, forse addirittura più dell’anno scorso. Non ho fatto arrabbiare la mamma (se non vogliamo contare la sfuriata della settimana scorsa), non ho detto bugie, più o meno, e non ho picchiato i miei compagni di scuola e in più non ti chiedo assolutamente nessun regalo per quest’anno, niente videogiochi, bambole, bici o altro…quello che vorrei quest’anno da te è un favore grande quaaaanto una casa. Quando verrai questa notte, entrando nella mia stanzetta, invece di mangiare i miei biscotti e bere il mio latte, potresti svegliarmi e portarmi con te al villaggio?”

Quando avevo si e no otto anni scrissi questa lettera per Natale. I miei poveri genitori in evidente stato confusionale, pensando che fosse mio desiderio vedere il villaggio di Babbo Natale, mi portarono a fare una foto in quella che forse rimarrà nella storia della mia infanzia la riproduzione più finta e triste della Lapponia. Renne di cartone, Babbo Natale da poco scarcerato, un enorme candito cadente e la mia faccia immortalata in tutti i suoi otto anni di disappunto. Non fu colpa loro, fu colpa di Babbo Natale. Non mi rispose.

O meglio, mi ha risposto con 14 anni di ritardo.villaggio

Questa notte infatti, nella mia ventiduesima notte di Natale, il Babbo mi ha svegliato. Non che mi abbia svegliato per qualche motivo importante ma semplicemente perchè a detta sua “Non ho trovato nè biscotti nè latte”.

Bella forza, ‘sto qui viene dopo 14 anni e si aspetta pure di trovarmi uguale. Ma non lo sai Babbo Natale che esiste la celiachia e l’intolleranza al lattosio? Eh?

Dopo aver rifiutato vari biscotti al Kamut e il latte di cocco, non restava che una cosa da fare: ingannare il tempo. Imbraghiamo le renne, oliamo le cinghie, buttiamo qualche regalo a caso per alleggerire il peso della slitta e via, seconda stella a destra e poi il villaggio di Babbo Natale.

Non potevo crederci. Anzi che dico, non ci credevo affatto. Continuavo a chiedergli “Ma sto sognando? Tu esisti? Ma quindi c’è un villaggio di Babbo Natale? Ma perchè sei così antipatico, meno male che ti descrivono sempre sorridente e coccoloso”.

Il compagno di viaggio ideale è quello che non ti da spiegazioni di nessun tipo, continua a guardare la strada, tasta ogni tanto una renna per vedere se ancora funziona, accende la musica e al massimo dopo ore interminabili ti dice “Siamo arrivati”.

Siamo arrivati. 

Il villaggio di Babbo Natale, eccolo lì. Mi giro intorno quasi distrattamente, senza nemmeno accorgermene sto già frugando tra le tasche e penso “Si, sai quante belle fot..” Porca miseria, la reflex. Ma perchè non mi sono addormentata con la macchina fotografica al collo, e mò?

Vorrà dire che una volta tanto, invece di scattare a raffica foto di paesaggi innevati, animali scorbutici e scie d’acqua setose, mi limiterò ad osservare. Magari come facevo da piccola. Allora poi diventa complesso descrivere un luogo senza avere la possibilità di mostrare una foto. Ci vogliono uno sforzo di concentrazione e una capacità di descrizione verbale troppo elevate per una persona che in fondo in fondo sta dormendo.

Mi stropiccio gli occhi e cerco di tenerli aperti il più possibile per non farmi scappare niente. Il mio Babbo Natale, come ogni guida che si rispetti, è sparito rendendosi irreperibile nel momento del bisogno.

Cammino.

Guardandomi attorno, il villaggio di Babbo Natale non è poi così diverso dal paesino dove abitavano i miei genitori in Friuli. Neve alta chilometri, freddo, gelo, freddo e centinaia di occhi che ti osservano dalle finestrelle tonde. Certo l’unica differenza è che gli abitanti qui sono bassini e con le orecchie a punta, e le case, nonostante sfoggino le forme architettoniche dei tetti a spioventi tipiche dei paesi nordici, sono costruite con quelli che d’ora in avanti saranno i miei materiali da costruzione per eccellenza: biscotti e marzapane.

L’impatto visivo all’interno del villaggio, una volta arrivati, è davvero notevole. Il suo skyline disegna, nel nulla più totale della montagna, un profilo davvero invidiabile, che tu giunga da cielo, terra o mare. I comignoli dei tetti fatti di frutta candita emanano un profumo dolce e unico. I mezzi di trasporto poi sono davvero efficienti e puntuali, con l’unico inconveniente che se si rompe una renna…insomma un posto davvero incantevole per tutte le fasce di età.villaggio

Mentre immagino il mio sopralluogo come una meta turistica reale, qualcosa incomincia ad attirare davvero la mia attenzione.

In un angolo, eccola lì, la 34esima strada, con la bambina e il Babbo Natale buono che ancora deve fare il suo miracolo.

Poi ancora la poltrona, quella divisa in due tra Eddie Murphy e Dan Aykroyd, ma ancora non ho capito perchè. In un angolo ancora più lontano vedo lui, il Babbo Natale di colore di Corso Vittorio Emanuele, che quando gli dai la monetina urla il tuo nome, ma il mio non l’hai mai saputo pronunciare. Poi a raffica, uno dietro l’altro, sbucano la bicicletta rosa che non ho mai usato ma che in realtà non ho nemmeno mai chiesto in regalo, la tovaglia rossa e verde che bruciai ad un veglione di secoli prima, pacchetti e pacchetti interminabili di confettini colorati, l’unico motivo per cui mangiavo gli struffoli. Eccolo lì, il mio villaggio, una sequenza malinconica di ricordi, alcuni così profondi da essere addirittura inenarrabili.

Alla mia età non posso dire non aver viaggiato. Ho visto molte città, conosciuto tantissime persone e visitato tanti di quei luoghi architettonici da confonderli tra di loro con estrema facilità. Eppure mai come questa volta, è stato così difficile andare via.villaggio

Certo, in fondo, mi è bastato svegliarmi.

Il mio Babbo Natale, quello che avrei voluto conoscere oltre le monetine, mi avrebbe detto che il villaggio ovviamente non esiste, così come non esiste il Natale e non esiste nessun ometto vestito di rosso coi peli bianchi.

Mi avrebbe detto che è inutile cercare di andare in un posto che fisicamente sai che non esiste, che tutt’al più se ne senti la necessità, lo puoi immaginare.

Ma la verità è che noi abbiamo perso completamente la capacità di osservare e quindi di immaginare e raccontare.

Sappiamo che il villaggio di Babbo Natale non esiste, eppure eccoci là ad Agnano, a Tarvisio, o in qualsiasi altro punto dell’universo cosmico in cui c’è una riproduzione della Finlandia a pochi metri di distanza gli uni dagli altri.

E paradossalmente visitiamo con lo stesso interesse dimostrato per queste riproduzioni, anche le altre città del mondo, quelle vere. Fotografiamo una facciata di una chiesa con lo stesso pathos con cui chiediamo un selfie al Babbo di turno. Il mio viaggio, però? Quello che ho fatto stanotte? Io il villaggio l’ho visitato, l’ho annusato e l’ho assaggiato, ma no, anche se me lo chiedete, io foto da mettere su facebook non ne ho.

Quindi se casomai vi venisse in mente di chiedervi “ma se esistesse il villaggio di Babbo Natale, come sarebbe?”.

Beh, dimenticatelo. Non lo immaginate come una città riprodotta, ma come una città vera, e non trattate le città vere come delle città riprodotte. Non fotografate quello che vedete per poi dimenticarvene, recuperate i vostri ricordi come quando eravate piccoli e viaggiate con la stessa emozione con cui aspettavate il Natale. Il mio Babbo Natale, quello del Corso, vi avrebbe urlato il vostro nome, quindi, svegliatevi! [ads2]