24 Dicembre 2015 - 17:23

Natale di fuoco in Cisgiordania

ambasciata statunitense

Natale di sangue in Medioriente: soldati israeliani uccidono quattro aggressori palestinesi nelle località di Hebron, Arile e nella zona settentrionale di Gerusalemme

[ads1] Alla vigilia di Natale, nei pressi di Hebron, un uomo palestinese, il quale cercava di colpire con un cacciavite un militare israeliano, é stato ucciso a colpi di arma da fuoco. Secondo le forze di sicurezza ebraiche, l’operazione letale sarebbe stata effettuata come risposta all’aggressione e alle minacce. A poche ore di distanza, a Nord di Gerusalemme un’auto è stata lanciata da un assalitore contro un plotone di soldati, fra i quali uno è rimasto ferito. Anche il presunto guerrigliero é stato freddato in seguito all’attacco. Un episodio simile si è verificato nella zona industriale nei pressi di Ariel, con l’ulteriore esecuzione di un’altro uomo palestinese.

Natale di fuoco in CisgiordaniaAgli episodi di violenza sono seguiti scontri tra le forze palestinesi e la sicurezza israeliana in un campo rifugiati tra Ramallah e Gerusalemme. Anche in questo contesto, un altro oppositore anti-sionista ha perso la vita. In una sola mattinata, dunque, vi sono state ben quattro vittime palestinesi. La ben nota “Intifada dei coltelli” prosegue oramai da mesi: un popolo, oppresso e dilaniato dalle continue persecuzioni israeliane, lotta per la propria indipendenza nazionale, ma soprattutto una propria libertà, ostacolata da un controllo militarizzato in stile lager e una dirigenza palestinese che non sempre dimostra di saper ascoltare la volontà dei propri connazionali. A ciò spesso si somma la generosa copertura geopolitica di cui gode Israele, considerato come lo stato-fortezza dei paesi dell’asse Nato in Medioriente. Soprattutto in questa fase storica, caratterizzata da un dilagante fenomeno terroristico, il governo israeliano assume il ruolo di “agente” o “controllore” delle popolazioni di etnia araba, esercitandovi un potere coercitivo sempre maggiore, adducendo il pretesto di infiltrazioni jihadiste o di un ulteriore espansionismo ideologico ad opera di Hamas.

Gli scontri avvenuti non devono essere oggetto di superficiale indignazione natalizia e cristiana, bensì l’ennesimo segnale di un sofferente mondo multietnico, nel quale convivono più culture, spesso lontane dall’atmosfera del “felice Natale” globalizzato e commercializzato.

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