Quanto il nostro vissuto condiziona la nostra percezione della realtà?
Il mondo interiore che portiamo con noi può influenzare il modo in cui percepiamo e prendiamo consapevolezza della realtà che quotidianamente ci circonda
Le nostre esperienze di vita vissuta hanno una qualche influenza sulla nostra percezione della realtà presente? Le nostre “credenze” vincolano in qualche modo le nostre azioni? La presa di coscienza può aiutarci ad agire liberamente?
Pinocchio, nella favola di Collodi, si è liberato della sua “natura da burattino” ascoltando la voce della sua coscienza per diventare un bambino vero. Le credenze ci rendono burattini perché limitano la nostra libertà di azione e proprio per questo motivo non ci sentiamo liberi. Per essere liberi bisogna essere capaci di vedere ed intervenire sugli schemi attraverso la conoscenza consapevole. Non esiste una realtà oggettiva, perché ogni stimolo è filtrato e distorto dalla nostra visione del mondo proiettando noi stessi all’esterno e facendo sì che siamo assorbiti dagli eventi.
Platone nel suo “mito della caverna”, (inizio del libro settimo de La Repubblica), racconta che gli uomini sono nati e cresciuti nel fondo di una caverna, con piedi e collo incatenati, costretti a volgere lo sguardo davanti a sé. La caverna rappresenta il nostro mondo e qui i prigionieri sono in grado di vedere solo le ombre (superficialità delle cose) guardandole come la sola realtà esistente. Le catene, che rappresentano ignoranza e le passione che ci inchiodano al mondo del non essere non ci permettono di voltarci. Ma se il prigioniero si liberasse dalle catene si renderebbe conto che quelle ombre che vede sono delle statuette (realtà). Solo attraverso la conoscenza è possibile liberarsi dalle catene e vedere il mondo vero. Uscire dalla caverna e rientrarci rappresenta una grande sfida per il filosofo e per se stessi, perché colui che si è liberato successivamente quando rientrerà nella caverna non riuscirà più a vedere le ombre e verrà deriso ed allontanato da tutti gli altri schiavi ciechi.
Platone ci fa comprendere che soltanto liberandoci dalle catene delle nostre credenze e uscendo dalla caverna potremmo scoprire che quelle ombre che abbiamo visto a lungo non costituiscono la vera realtà. Proviamo a “tornare al centro”. Questo processo in alchimia e psicologia del profondo è un processo che viene chiamato riassorbimento del reale con ritiro delle proiezioni.
Appunto, tutto è dentro di noi. Le ombre che vediamo sono la proiezione di ciò che noi abbiamo dentro. L’abbandono, il rifiuto, il tradimento, l’umiliazione, l’ingiustizia abitano già dentro di noi (sono delle ombre), non la realtà oggettiva: l’altro con i suoi comportamenti, guidati dalle sue credenze ha semplicemente risvegliato una ferita già presente in noi sopita dal nostro torpore quotidiano. Credere che l’altro ci abbia abbandonato, rifiutato, tradito, umiliato o che sia ingiusto ci deresponsabilizza mettendoci in posizione vittimista.
Paradossalmente è proprio chi ci ferisce che ci indica la strada verso la liberazione da quelle catene, spingendoci con sofferenza fuori da quella caverna ed aiutandoci a far crollare le maschere, cioè quell’immagine di noi stessi che non riusciamo a cogliere ed accettare. Avere una maggiore “coscienza di te stesso” è un passo verso la liberazione dai pregiudizi di cui siamo vittima e che potrebbe contribuire alla creazione di una visione distorta della realtà.
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