E’ morto oggi all’età di 92 anni, l’architetto di fama internazionale Vittorio Gregotti che aveva contratto il Coronavirus.
Una carriera di circa sessant’anni e più di mille progetti che tre anni fa ha trovato la giusta celebrazione in una mostra, Gregotti nel suo lavoro faceva correre insieme l’architettura e la musica: “Io disegno idee, ed ho bisogno di ritmo per realizzarle”, diceva.
Tra i suoi progetti, gli stadi di Genova e Barcellona, il Piano Regolatore di Torino, il Centro Culturale di Belem a Lisbona e il quartiere Zen di Palermo che lui stesso definiva “Un buon progetto, che non è mai stato realizzato come avrebbe dovuto”.
Cresciuto sotto l’egida di Ernesto Nathan Rogers (nello studio BBPR) con cui nel 1951 progetta la prima sala della Triennale di Milano, Vittorio Gregotti, novarese, si laurea in Architettura nel 1952 al Politecnico di Milano e poi sbarca al CIAM di Londra.
Nel 1974 fonda il suo studio che chiude nel 2017 perchè, sempre icastico, dirà: L’architettura non interessa più a nessuno.
intellettualmente fervido, Gregotti poteva contare tra le sue amicizie quella, tra gli altri, di Elio Vittorini, Luciano Berio, Emilio Tadini e Umberto Eco. Prese parte attiva anche al collettivo di neoavanguardia letteraria Gruppo 63.
Si discuteva di come trascorrereb il tempo libero, senza finire preda del mercato. Una questione cruciale per un architetto
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