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Ogni giorno solo su WhatsApp, secondo le ultime statistiche, vengono inviati 200 milioni di audio. L’opinione pubblica si divide: o li ami o li odi. E gli esperti di comunicazioni sono tutti d’accordo: “È il metodo peggiore e spesso l’audio sul telefonino crea ansia in chi li riceve”. A fare chiarezza, arrivano vademecum e regole di bon ton.
Innanzitutto bisogna avere chiaro che si tratta di un monologo, quindi a meno che non si tratti di un messaggio in cui il tono della voce è importante, ad esempio per fare gli auguri per una ricorrenza o per esprimere un concetto serio, è meglio evitarli il più possibile e scrivere un semplice messaggio.
È importante, quindi, saper comprendere quando il messaggio vocale non è gradito: i segnali ci sono e bisogna saperli cogliere. Se l’interlocutore, ad esempio, risponde con messaggi scritti è chiaro che vuole spezzare quella catena di audio: ad un messaggio scritto, quindi, è buona norma rispondere per iscritto. Se proprio si decide di inviare un messaggino audio, allora è necessario tenere conto della durata, ma non a caso WhatsApp ha inserito la possibilità di ascoltare i vocali ad alta velocità rispetto al normale, proprio per abbreviare i tempi e limitarne il fastidio.
Su questo punto è intervenuto il galateo dei messaggi vocali di WhatsApp con la collaborazione dell’esperta di bon ton, Jo Bryant, che chiarisce innanzitutto un punto: “Un vocale non è un podcast non deve durare 10 minuti”.
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