Job Days, il lavoro liofilizzato a portata di “carro” che offende giovani e buon senso
Job Days, l’esperienza di un mondo del lavoro più simile ad un carrozzone da circo dove i lavoratori più che persone sono pezzi
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Il lavoro al tempo dei Job Days. Una giornata dedicata al lavoro che ha l’immagine di un mondo che cerca e scarta manodopera come muli vecchi al mercato di paese, come materiale senz’altra valenza che produttività; un mondo in cui l’offerta del lavoro è tale che aumenta la pressione e, posta una realtà completamente opposta, il riferimento cinematografico più immediato è – per assurdo – Tempi Moderni. Già avevamo visto questa formula con il Mc Donald’s, che dopo una prima scrematura – non troppo chiara, in verità – aveva selezionato alcuni prediletti con una tappa del famoso camper del lavoro in Piazza Cavour.
Domanda di lavoro 2.0: uno stile fieristico
Si ripete la figura del Circo del lavoro, coi suoi carrozzoni e i suoi lustrini, questa volta con il placet del Governo: presente alla conferenza di presentazione tenutasi questa mattina a Salerno (questo l’articolo inerente) il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Politiche giovanili Giuliano Poletti.
Citando testualmente il sito governativo per l’incrocio domanda-offerta, l’offerta di lavoro è declassata ad una gara tra «aspiranti lavoratori»: in questa prospettiva, la ricerca del lavoro non pare avere maggiore dignità che l’aspirazione di Mickey Mouse ad essere stregone (il riferimento è Fantasia).
Conferma il senso di innaturale insicurezza la scelta di una traslazione sul piano emotivo dell’aspirazione occupazionale: già parlare di “Appuntamento con il lavoro” è di una valenza a dir poco fieristica ma la scelta di «colloqui informali» denominati Job Speed Date è una riduzione ancor più grave, se possibile.
«Lo speed date è uno strumento, inventato recentemente e importato in Italia dagli Stati Uniti» per incontri tra single (wikipedia): il Governo si conferma un organismo autofago, scoordinato tra le sue parti e cieco alle necessità del Paese. L’infelice espressione richiama l’infelice campagna del Fetility Day e tutte le dinamiche che azzerano ogni possibilità di programmazione di futuro.
Non è questo il riferimento al feticcio del posto fisso quanto invece al dramma di un Governo che propina ai suoi giovani un incontro con la domanda di lavoro che sembra essere lo sfruttamento nella veste del fresco e del dinamico. Un senso d’insana instabilità, come nell’attesa di un treno che passa una volta sola a portare ricchi premi (di consolazione: oramai basta l’averci provato) e (poveri) cotillons.
Lavoro: un’offerta… emozionale
L’idea di un Job Speed Date pone il candidato – ridotto ad aspirante lavoratore – in una posizione di disparità che pare cancellare il risultato di tante lotte operaie, quelle che hanno portato alla dignità dei contratti collettivi nazionali, prima che venissero degradati dalla malapolitica di sindacati sempre meno attenti. Metaforicamente, più che in una situazione di normalità, il candidato è seduto molto più in basso rispetto ai selezionatori.
In quest’ottica, è causa di frustrazione il malvezzo di aziende e professionisti di giocare, troppo spesso, con formule contrattuali che variano da stage e tirocini (spesso offerti a persone con esperienza pregressa) alla collaborazione con Partita Iva e mirano ad uno sfruttamento intensivo della persona mirato al recupero del massimo possibile, salva la libertà di scartare il guscio vuoto del pezzo arrivato ad esaurimento della produttività, se non alla prima flessione della stessa.
In uno scenario simile dove il Governo foraggia simili meccanismi, di riscontro c’è l’opulenza di tali meccaniche rotte e indugi sul lato sdrucciolevole delle politiche pensate (?) per giovani e aspiranti lavoratori e che, di fatto, distruggono il mercato del lavoro.
Tempi Moderni
La scelta di Modern Times è anche un segno di speranza, l’unica cosa che cresce nel mercato del lavoro in Italia. Le immagini scelte per questo articolo sono fondamentali per comprendere il senso di questa modalità di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, dove ci si riduce a Job Days, utili più ad amplificare la percezione delle offerte di lavoro che, da esigue che sono, possono apparire più numerose; il gioco delle statistiche sull’occupazione, in fondo, gioca proprio sulla conta di stage e tirocini e collaborazioni che fanno volume ma non sostanza.
È un lavoro liofilizzato, in bustine monodose, offerto spesso con una disparità disonesta tra le parti, abusando di condizioni contrattuali finalizzate per l’inserimento lavorativo delle nuove leve ed utilizzato, al contrario, per avere manodopera specializzata a basso costo. E questo quando l’offerta lavorativa non è un tirocinio gratuito finalizzato all’esperienza.
È una situazione surreale, dove lo Stato non pone strumenti per la crescita professionale dei suoi cittadini e, attraverso alcune punte dei suoi rappresentanti, arriva a giocare e generare stereotipi negativi su una generazione a cui ha ipotecato il futuro: mammoni e bisboccioni, persone apparentemente non mature a sufficienza da spiccare il volo dal nido.
Oppure adulti privati di una necessaria forza contrattuale nell’approccio al banco del lavoro?
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