10 Marzo 2016 - 18:54

Nei nostri piatti, cozze prese dalle piattaforme adriatiche

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La denuncia parte da Greenpeace, dove ha sottolineato che nei nostri piatti sono presenti cozze estratte nel mare dell’Adriatico accanto alle piattaforme

[ads1]Come poteva essere prevedibile, nei nostri piatti sono presenti alimenti provenienti dalle acque dell’Adriatico, dove sono situate le piattaforme petrolifere. In particolar modo Greenpeace fa riferimento alla grande quantità di cozze che quotidianamente vengono pescate, per poi ritrovarcele nei nostri piatti.

Come a tutti è noto il 17 Aprile 2016 è previsto un referendum abrogativo e nel quesito si chiede: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa. Ciò è stato chiesto al fine di  bloccare l’inquinamento delle acque dell’Adriatico, in quanto sono state rilevate forte quantità di metalli pesanti.

Inoltre,i dati raccolti da Ispra per conto di Eni documentano la presenza di sostanze pericolose nelle cozze raccolte su 19 piattaforme operanti lungo le coste romagnole: metalli pesanti (mercurio, cadmio, piombo e arsenico), benzene e altri idrocarburi policiclici aromatici.

Un ulteriore dato allarmante è quello dove si evince dal sito di Eni, che da più di vent’anni le cozze presenti sulle piattaforme vengono regolarmente raccolte da alcune cooperative romagnole di pescatori e successivamente commercializzate. Queste cozze coprirebbero il 5% della produzione annuale della regione Emilia Romagna. Solo nel 2014 sarebbero stati immessi sul mercato italiano 7 mila quintali di cozze “da piattaforma“.

Greenpeace ha quindi chiesto all’Arpa Emilia Romagna informazioni sui dati dei monitoraggi delle cozze raccolte presso le piattaforme. È urgente avere conferma che le cozze che finiscono nei piatti degli italiani non siano gravemente contaminate come quelle degli studi presentati da Eni al Ministero dell’Ambiente.

Per cui la questione di cui tratta il referendum è un qualcosa di alquanto serio. Se i dati fossero confermati, ciò dimostra che le malattie che ad oggi stanno aumentando, se non verranno fermate le trivelle in quella zona, aumenteranno sempre di più, e saremo noi stessi o i nostri cari a doverne pagare poi le conseguenze. [ads2]