22 Settembre 2015 - 16:36

No Tav: chiesti 8 mesi di reclusione per Erri De Luca

erri de luca

La procura di Torino, nella persona del pm Antonio Rinaudo, ha chiesto 8 mesi di reclusione per il giornalista e scrittore Erri De Luca a causa dell’utilizzo in due sue interviste del verbo “sabotare”

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È proprio intorno al significato di questo verbo che ruota questo processo farsa. Treccani alla mano, alla parola inquisita riscontriamo due interpretazioni: «Distrug­gere o dete­rio­rare gra­ve­mente edi­fici e impianti» e «Intralciare la rea­liz­za­zione di qual­che cosa, o fare in modo che un dise­gno, un pro­getto altrui non abbia successo». Stranamente agli atti risulta letto solo il primo significato, quello quasi violento, mentre il secondo viene omesso.

erri de lucaLa cosa che mette in luce la meschinità di questo processo è la non corrispondenza tra l’accusa pesantissima di istigazione a delinquere e la velleità della pena richiesta: appena 8 mesi; questo allora vuol dire che a processo non va l’Erri De Luca uomo, ma bensì lo scrittore, che cerca di smuovere gli animi dei lettori contro questa insulsa opera che è la Tav. Il mondo della carta stampata non ha perso tempo a lanciare una campagna a favore del giornalista napoletano, anche sui social spopola l’hashtag “#iostoconerri”. Questo ancora una volta per richiamare l’importanza primaria della libertà di parola, che con questo processo viene messa in discussione: infatti la sentenza del 19 ottobre non sarà solo la fine o meno della libertà per il giornalista, ma misurerà il grado di libertà di stampa che c’è oggi in Italia.

L’autore de “La parola contraria” dichiara: Non sono un martire,né una vittima, sono un testimone della volontà di censura della parola. Questa sentenza sarà un messaggio sulla libertà di espressione.

Le parole che esprimono al meglio questo assurdo processo provengono dalla bocca dell’avvocato difensore di De Luca che, durante la sua arringa difensiva, non ci va piano: «Credo che a Erri De Luca venga con­te­stato di essere un intel­let­tuale che si è schie­rato con­tro una mag­gio­ranza, per­ché le parole pos­sono isti­gare ad avere dubbi, chiedo l’assoluzione per­ché il fatto non sus­si­ste e non costi­tui­sce reato».

Una condanna unanime giunge dalla quasi totalità del mondo della carta stampata italiana, la più fragorosa arriva dal blog del Fatto Quotidiano “Una sentenza di condanna non sarà mai in nome del popolo italiano”.

Per sottolineare ancora l’importanza assoluta della libertà di parola e di espressione.

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