13 Aprile 2018 - 15:56

Mina, la straniera della galassia “Maeba” con una voce da extraterrestre

Una garanzia. E’ questo il termine adatto per descrivere Mina che con il suo ultimo lavoro discografico “Maeba” è balzata immediatamente in cima alle classifiche di vendita tra accenni di blues e pop che si prestano perfettamente alla sua voce quasi “inumana”

Due anni fa l’avevamo lasciata in compagnia di Adriano Celentano e de “Le migliori” a dominare la classifica dei dischi più venduti in Italia. Oggi, con oltre 250000 copie in più, Mina non ha cambiato le sue abitudini tornando a sbaragliare ancora una volta la concorrenza, stavolta in totale solitudine, grazie a “Maeba”, il suo 74esimo album in studio che arriva a distanza di quattro anni dal precedente “Selfie” datato 2014.

Prodotto ed arrangiato dal fidato Massimiliano Pani, primogenito dell’artista, il disco si compone di dodici tracce suddivise in 10 inediti e 2 cover, cui si aggiunge la tredicesima ghost track “Another day of sun” diventata un vero e proprio tormentone pubblicitario grazie alla sua “freschezza spensierata” ed alla visibilità acquisita durante gli spot pubblicitari che hanno intervallato l’ultima edizione del Festival Di Sanremo.

E proprio come già accaduto in occasione della più nota kermesse musicale nostrana, quando ascoltando l’ipnotico “tin tin tiritintin” veniva spontaneo affermare “questa voce non mi è nuova”, anche alla prima riproduzione di “Maeba” si hanno lo stesso effetto e la medesima conclusione che conducono ad una sola considerazione: Mina la riconosci subito.

Il disco “track by track”

Anche se cerca di nascondersi dietro il look total white della copertina, colorato solo da un semplice accenno di mascara sugli occhi, o nell’immagine simile ad un cartoon che la avvicina a qualcosa di indefinito e futuristico, infatti, basta inserire il disco nel lettore, premere play e lasciarsi pervadere dalla sua voce per far si che ogni parola a riguardo possa sembrare immediatamente superflua. Questo discorso diventa subito evidente già dall’incipit del disco, inaugurato con l’armonia di una chitarra acustica che passa immediatamente in secondo piano quando nello snocciolare il testo del primo pezzo la tigre di Cremona emette un ruggito in crescendo tale da esplodere nel ritornello di “Volevo scriverti da tanto”, un brano tanto lento nell’andamento quanto potente nella linea melodica e che non a caso è stato scelto da Karolina Kostner quale appendice per le sue recenti esibizioni sportive.

La fisarmonica ed il ritmo stile mazurca da balera de “L’amore disperato”, concedono un accenno di movimento prima di lasciare spazio a “Ti meriti l’inferno”, brano che per musicalità e fatti narrati può rappresentare la perfetta continuazione del primo inedito presente nella tracklist e da cui differisce per l’atmosfera che diventa più cupa e molto vicina alla musica da night. In altre occasioni all’ascolto delle prime note probabilmente si passerebbe oltre ma ancora una volta la voce di Mina, con la complicità di un ritornello orecchiabile ed impressivo, rende tutto più fluido e degno di attenzione.

La malinconia viene momentaneamente meno nella commistione di generi che si muove tra la combo pop di “Il tuo arredamento” e “Troppe note”, che probabilmente avrà molta fortuna in radio, l’accenno blues di “Argini”,  in cui Mina gioca con le vocali aperte, ed il ritmo di “Ci vuole un pò di R’r’R” che, oltre alla già citata “Another day of sun”, rappresenta l’unica composizione più spinta e movimentata di tutto il progetto. L’atmosfera da night, infatti, ritorna immediatamente prepotente nell’andamento di “A minestrina”, inedito che si avvale della collaborazione di Paolo Conte e realizzato in una salsa simil jazz di stampo partenopeo, e nei primi minuti di  “Al di là del fiume” , dove Mina riprenda a fare la Mina concedendo una serie di acuti puliti e ben assestati.

Nel progetto finale c’è spazio anche per la parentesi sperimentativa e quasi futuristica di “Un soffio”, in cui sembra esserci anche un breve accenno di autotune, cui si aggiunge la doppia incursione nella lingua anglosassone con le cover di “Last christmas”, privata di ogni ammennicolo ed eseguita con un filo di voce e quasi a cappella, e di “Heartbreak Hotel” in cui resta invece immutata l’atmosfera blues di fondo.

Se i vari brani in scaletta vengono ascoltati nella sequenza appena citata, diventa chiaro che, a dispetto della sua assenza cronica dalle scene, Mina è in realtà presente più che mai nel nostro quotidiano grazie alla sua vocalità che ancora oggi è fin troppo chiara, pulita e tale da sembrare qualcosa di disumano ed in grado di rendere ogni accordo musicale un semplice sfondo da porre in secondo piano rispetto a vocalizzi e sussurri generali. Di fronte a questa premessa, chiunque potrebbe avere la presunzione di lasciare in secondo piano l’anima musicale del progetto ma non è questo il caso. Sentori di blues, accenni pop ed atmosfere da night, infatti, si fondono perfettamente in “Maeba” ed in un modo tale da rendere il lavoro finale più attuale di quanto si pensi, ed allo stesso tempo in grado di strizzare l’occhio al futuro prossimo. Ed è forse anche questo un altro dei motivi in grado di trasformare la tigre di Cremona in un animale proveniente da chissà quale galassia.

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