Dumbo: un volo per la libertà, un volo per raggiungere l’impossibile
Dumbo: grandi orecchie, occhi che parlano e amore senza fine. Ecco la recensione di Zon.it sul nuovo film di Tim Burton
Dumbo, l’elefante volante che sognava la libertà e l’amore di sua mamma è il protagonista del nuovo film di Tim Burton. Remake del film d’animazione Disney del 1941 (Dumbo – L’elefante volante) racconta la forza dell’amore che muove ogni cosa e che ha permesso al curioso elefantino di trovare il suo posto nel mondo.
Ormai da qualche anno la Disney sta mettendo nelle mani di grandi registi e attori i propri successi affinché riprendano vita; si pensi al prossimo live action de Il Re Leone o alle storie delle principesse Cenerentola, La Bella e La Bestia, Biancaneve già in circolazione da diversi anni. Ognuno di questi film riprende a grandi linee le bellissime e intramontabili storie con cui siamo cresciuti, ovviamente con i dovuti pro e contro.
Dumbo, affidato a Burton, ha conservato la storia ma sono stati inseriti anche personaggi ed eventi che nel film animato mancavano. Scelte che a volte non hanno convinto la critica, ma che in qualche modo sono state funzionali al film. In origine infatti il film Disney fu realizzato senza troppe ambizioni e con un minimo budget di produzione; gli anni della guerra purtroppo avevano messo in difficoltà le casse della Disney e bisognava raccontare una storia semplice, ma di impatto.
Walt Disney notò subito il potenziale nella storia per bambini scritta da Helen Aberson, che era nata per essere un cortometraggio ma che poi divenne un lungometraggio. Alla fine il cartone incassò oltre 1 milione di dollari: un vero successo economico degli anni ’40.
Trama del film di Burton
Nella storia di Burton la storia del piccolo Dumbo è intrecciata a quella di due bambini, Millie e Joe, che vivono nel circo e hanno perso la mamma da un anno. Il film si apre con il ritorno al circo del padre dei due bambini Holt Ferrier (Colin Farrell), dal fronte della prima Guerra Mondiale e senza un braccio. Holt da star del circo, in qualità di acrobata con i cavalli, verrà incaricato, dal proprietario Max Medici (Danny DeVito), di badare agli elefanti.
In particolare, dall’antico continente indiano ha acquistato la Signora Jumbo, un elefantessa, che aspetta un cucciolo. Il “bebè”, così com’è soprannominato viene subito accudito dai due bambini e fa tenerezza a gran parte degli artisti del circo. Per altri invece è un piccolo freak da deridere. La sua prima esibizione si conclude in un disastro e dopo la morte di un uomo del circo, a causa della Signora Jumbo che voleva solo difendere il suo piccolo, mamma e figlio verranno brutalmente separati.
Dumbo così, sotto la guida e le coccole dei piccoli Milly e Joe, imparerà a volare e diventerà la star del circo, ma solo nella speranza di rivedere sua mamma. La notizia dell’elefante volante si diffonde in fretta e l’intero circo Medici viene rilevato da Vandevere (Michael Keaton), che li condurrà tutti nel suo parco super tecnologico per i divertimenti Dreamland.
Ben presto Vandevere si scoprirà il villain della storia e farà di tutto per tenere separati Dumbo e sua madre. In questo stratosferico parco la famiglia Ferrier conosce la bellissima Colette Marchant (Eva Green), che diventerà poi un nuovo punto di riferimento per tutti, anche per il piccolo elefantino. Sono infatti accomunati da una stessa passione: il volo.
Il finale ecologista
Questa nuova versione di Dumbo presenta poi un finale diverso dal film d’animazione, un finale definito ecologista. Questo perché Burton ha disseminato tutto il film di scene in cui nel circo vengono maltrattati gli animali e continuando su questa linea ha chiuso il suo film con lieto fine animalista. Dumbo e sua madre infatti vengono riuniti e il piccolo, nonostante l’affetto che prova verso i suoi salvatori umani, sceglierà di ascoltare il proprio istinto e andrà con sua madre. I due nell’ultima scena del film vengono mostrati felici e spensierati immersi nella natura, così come dovrebbe essere per tutti gli animali.
Ormai da anni infatti i maltrattamenti nei circhi sono ben noti e le campagne di sensibilizzazione fanno ben poco. Purtroppo per i poveri elefanti la libertà è comunque difficile da raggiungere oggi: anche quando sono liberi in realtà non lo sono, a causa dei cacciatori d’avorio.
Nonostante questo messaggio così impegnativo Dumbo resta un film per bambini, motivo per il quale questa tematica è proprio a misura di bambino. Come tutte le cose ormai bisogna essere visionari e indicare la giusta strada proprio ai più piccoli. Tim Burton ci sarà riuscito?
La critica
Per molti Burton non è riuscito nell’impresa e anche se il film è uno dei più dolci mai realizzati dal regista è come se mancasse la sua vera essenza. In realtà ciò che non ha convinto è proprio questo target basso, per bambini. Nonostante il cartone Disney sia stato ampliato sia per la trama sia per la durata e nonostante sia stato intriso di numerosi messaggi sociali, la critica lo ha bersagliato.
Differenze e punti di incontro con la prima versione
Ciò che salta più all’occhio tra le differenze è la mancanza della parola degli animali: elemento centrale nei film d’animazione. Inoltre il film dura circa 112 minuti, rispetto ai 64 del 1941: per arrivare a tale lunghezza sono stati inseriti personaggi, come il Holt e i suoi bambini che aiutano il dolce elefantino, che nel film del ’41 è invece aiutato dal topino Timoteo.
Una delle scene che invece Burton ha lasciato del film d’animazione è quella degli elefanti rosa che danzano, ma con una differenza. Nel primo film sono il frutto dell’immaginazione di Dumbo che si è ubriacato, nel film di Burton invece sono creati con delle bolle di sapone che prendono vita durante uno spettacolo.
Altra differenza si può trovare in Dreamland, che nel film d’animazione non compare. Burton inserendo un parco a tema del genere ha voluto però lanciare due messaggi, nei confronti del cinema e nei confronti della tecnologia; per quanto riguarda il cinema è un chiaro messaggio di rilocazione del medium, che oggi si trova sempre più spesso in luoghi che non sono necessariamente una sala cinematografica. Per quanto riguarda la tecnologia invece ha lanciato un messaggio profetico verso le bio-tecnologie e gli esoscheletri che nel futuro riusciranno ad agevolare i movimenti degli arti, soprattutto per non li può usare.
Differenza sostanziale che deriva da tutte queste aggiunte è il finale: se alla fine del primo film Dumbo, grazie al ricongiungimento con la madre, diventa la star del circo; nel film di Burton viene liberato, sempre insieme alla sua adorata mamma.
L’amor che move il sole e l’altre stelle
Ciò che resta invariato invece è l’amore che Dumbo prova per la sua mamma e che lo spinge a fare ciò gli viene chiesto. La speranza di riabbracciarla gli permette di volare: si può quindi trovare una simbologia tra la piuma e la signora Jumbo. Dumbo crede di volare grazie alla piuma, ma in una delle ultime scene del film è chiaro che non è così e il piccolo cucciolo lo capisce grazie all’aiuto della sua amica Millie.
Quello che in particolare unisce Millie e Dumbo e che permette di capire questo parallelismo è proprio la figura della mamma; Millie infatti è orfana di madre e sa quello che il suo amico prova a stare lontano dalla sua.
Il messaggio sulla diversità
Disney quando ha realizzato Dumbo è stato estremamente contemporaneo. All’epoca del film, il 1941, era in pieno svolgimento la seconda guerra mondiale, dove la diversità era motivo di morte e sofferenza. Dumbo però è l’emblema della diversità, che può rendere unici e forti: impara dopo essere stato lo zimbello del circo a fare forza proprio sui particolari che lo contraddistinguono e questo gli permette di accettarsi e sopravvivere.
Il tema della diversità inoltre è un tema caro a Tim Burton: si pensi alla sua filmografia e in particolare a Edward Mani di Forbice che sulla falsa riga di Dumbo ha come protagonista un diverso deriso ed emarginato. Ma sulla diversità si possono citare anche Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, La fabbrica di cioccolato, Alice in Wonderland.
Attualizzato, questo tema oggi è molto centrale nella società, una società fatta di vetrine e piedistalli, che si ci identificano, ma ci rendono anche vulnerabili e più propensi ai pregiudizi. Chiunque oggi può giudicarci solo guardando una nostra foto e da un semplice commento spesso nascono situazioni spiacevoli. Incomprensioni e pregiudizi non permettono alla diversità di sopravvivere.
Ma la diversità non è un male, come la società ci vuole far pensare. La diversità è un punto di forza: è un’occasione di crescita non solo personale, ma anche collettiva. E’ qualcosa da mostrare e su cui puntare, non qualcosa da deridere e nascondere.
Si può quindi affermare, che nonostante il film di Burton sia diverso da quelli a cui fin’ora ci ha abituati nasconde una serie di messaggi e tematiche che hanno il nobile scopo di denunciare e guidare.
ARTICOLO PRECEDENTE
Lee Child: True Crime una nuova serie antologica stile Black Mirror
ARTICOLO SUCCESSIVO
Valentina Vignali, stoccata al Gf 2019: “Le ho prese le corna”