Erri De Luca assolto, ma “La mia parola contraria sussiste”
Assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Si conclude così il processo che ha coinvolto lo scrittore Erri De Luca, condannato a 8 mesi con l’accusa di istigazione a delinquere
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Si è concluso con un’assoluzione il processo iniziato al tribunale di Torino nel gennaio scorso che ha visto coinvolto Erri De Luca, accusato di istigazione a delinquere per aver esortato il sabotaggio della Tav in Val di Susa in due interviste rilasciate nel 2013 in cui si era opposto al fianco dei cittadini al progetto della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.
“Oggi torno a essere un cittadino qualunque. È stata impedita un’ingiustizia, quest’aula è un avamposto sul presente prossimo. Ma continuerò a usare il vocabolario per esprimere le mie convinzioni”, queste le prime dichiarazioni dello scrittore napoletano dopo la sentenza di assoluzione.
“Il fatto non sussiste”, questa invece la conclusione di un processo che forse non avrebbe avuto ragione di essere avviato, come dimostrato dalle tante campagne di solidarietà a sostegno di Erri De Luca, che ha anche pubblicato un piccolo volumetto dal titolo “La parola contraria”, per spiegare i motivi della sua innocenza.
Prima della sentenza lo scrittore ha letto alcune righe per ribadire la sua posizione:
Sarei presente in quest’aula anche se non fossi io lo scrittore incriminato per istigazione.
Aldilà del mio trascurabile caso personale, considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest’aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese.
Svolgo l’attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura.
Sono incriminato per un articolo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della storia d’Italia. Considero quell’articolo superato dalla successiva stesura della Costituzione della Repubblica. Sono in quest’aula per sapere se quel testo è in vigore e prevalente o se il capo di accusa avrà potere di sospendere e invalidare l’articolo 21 della Costituzione.
Ho impedito ai miei difensori di presentare istanza di incostituzionalità del capo di accusa. Se accolta, avrebbe fermato questo processo, trasferito gli atti nelle stanze di una Corte Costituzionale sovraccarica di lavoro, che si sarebbe pronunciata nell’arco di anni. Se accolta, l’istanza avrebbe scavalcato quest’aula e questo tempo prezioso. Ciò che è costituzionale credo che si decida e si difenda in posti pubblici come questo, come anche in un commissariato, in un’aula scolastica, in una prigione, in un ospedale, su un posto di lavoro, alle frontiere attraversate dai richiedenti asilo.
Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società. Inapplicabile al mio caso le attenuanti generiche, se quello che ho detto è reato, l’ho ripetuto e continuerò a ripeterlo. Sono incriminato per avere usato il verbo sabotare. Lo considero nobile e democratico. Nobile perché pronunciato e praticato da valorose figure come Gandhi e Mandela, con enormi risultati politici.Democratico perché appartiene fin dall’origine al movimento operaio e alle sue lotte. Per esempio uno sciopero sabota la produzione.
Difendo l’uso legittimo del verbo sabotare nel suo significato più efficace e ampio.
Concludo confermando la mia convinzione che la linea di sedicente alta velocità in Val di Susa va ostacolata, impedita, intralciata, dunque sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell’aria, dell’acqua di una comunità minacciata.
La mia parola contraria sussiste e aspetto di sapere se costituisce reato.
Libertà di espressione che si scontra contro un presunto reato a mezzo stampa, che secondo il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli avrebbe causato degli episodi di terrorismo degli esponenti No Tav riconducibili alle dichiarazioni di De Luca. Il pm aveva chiesto una condanna di otto mesi di reclusione. Ma per il giudice Immacolata Iadeluca il “fatto non sussiste”.
Tutto era cominciato il 1° settembre 2013, quando Erri De Luca aveva risposto alle domande di una giornalista dell’Huffington Post sul rischio terrorismo in Val di Susa, in seguito all’arresto di due militanti sulla cui auto erano state trovate bottiglie di plastica con la benzina, tubi in plastica, cesoie e altro.
“La Valle di Susa resta una questione che mi riguarda. Di questo processo mi rimane la grande solidarietà delle persone che mi hanno sostenuto, in Italia e in Francia. La sentenza ribadisce il valore dell’articolo 21 della Costituzione. Ho letto sui giornali della telefonata di Hollande a Renzi, ma non credo che abbia influito sulla sentenza”, ha concluso De Luca, finalmente libero dal peso di una condanna ingiusta.
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