Qatar, niente bandiere arcobaleno ai Mondiali
Il Comitato Supremo del Qatar punirà col carcere, dai 7 agli 11 anni, chiunque durante i Mondiali dovesse mostrare sostegno alla comunità LGBTQIA+
Il Comitato Supremo del Qatar punirà col carcere, dai 7 agli 11 anni, chiunque durante i Mondiali dovesse mostrare sostegno alla comunità LGBTQIA+
Nel gennaio scorso aveva promulgato una legge che limitava le manifestazioni di piazza e, di fatto, la libera espressione e circolazione delle opinioni. Oggi il Comitato Supremo del Qatar, quando gli occhi di tutto il mondo sono puntati sul paese della penisola arabica in vista dei Mondiali di Calcio in partenza a Novembre, ratifica una nuova stretta in materia di diritti civili, sancendo che chiunque – durante la prossima Coppa del Mondo – dovesse portare allo stadio e sventolare una bandiera arcobaleno, tra i simboli della comunità LGBTQIA+, potrà essere punito con il carcere, tra i sette e gli undici anni di reclusione.
Sulla questione è stato chiaro anche Mansoor Al Ansari, segretario generale della Qatar Football Association: “Se vuoi mostrare il tuo sostegno alla comunità LGBTQ+”, ha detto, “fallo in una società dove è accettato”, ribadendo tra le righe, ma in ogni caso abbastanza lapalissianamente che no, in Qatar le legittime rivendicazioni della comunità gay non hanno voce in capitolo.
Anzi le voci, come dimostra la legge anti-bandiere arcobaleno, qualora ci fossero, vanno soffocate, soppresse.
Il provvedimento che punisce col carcere chiunque sventoli una bandiera arcobaleno durante i Campionati del Mondo di Calcio, che persegue un ideale fastidiosamente macista del gioco del pallone e contribuisce a rendere sempre più difficile il coming-out degli sportivi, è stata significativamente ratificata ieri, martedì 28 Giugno, anniversario dei moti di Stonewall, Giornata Mondiale dell’Orgoglio LGBTQIA+ e addensa nuove ombre sul “modello qatariota”, la cui organizzazione dei Mondiali di Calcio era stata già macchiata dai presunti brogli in sede di candidatura e dalle condizioni, lesive dei diritti dei lavoratori, in cui gli operai (molti di questi addirittura deceduti in circostanze fumose) hanno lavorato alla costruzione delle strutture sportive che ospiteranno la competizione.
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