Lavoro sì, ma senza sacrificare i diritti
Il fine ultimo di ogni Governo è debellare la disoccupazione, ma in funzione di ciò, naturalmente, non sono sacrificabili i diritti dei lavoratori. Se è ormai noto che il Jobs Act non ha fatto altro che aumentare la precarizzazione del lavoro in Italia, qualcosa di molto simile è in discussione in Francia, dove lavoratori e sindacati hanno bloccato il paese con una serie di scioperi. Lavorare sì, ma i diritti?
[ads1]Il Governo socialista capitanato da Valls in Francia sembra pronto ad approvare una riforma del lavoro che sacrifica sull’altare della lotta alla disoccupazione i diritti dei lavoratori salariati: facilitare i licenziamenti, ridurre i ricorsi davanti al giudice, aumentare la flessibilità del mercato del lavoro.
I quotidiani nostrani già l’hanno denominata “Jobs Act alla francese“, infatti, spiega Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia: “la riforma francese risponde alle stesse esigenze di quella italiana, cioè una liberalizzazione del mercato del lavoro e una maggiore libertà nei licenziamenti“.
Il leitmotiv che attraversa tutta Europa è ormai definito, ma cosa succede se cresce l’occupazione ma spariscono i diritti?. Nella sua mirabile analisi della situazione europea, Bernard Guetta giunge al nocciolo della questione, al punto cardine della discussione: la protezione dell’impiego è stata ridotta ed è aumentato il numero di “lavoratori poveri”, ovvero di persone occupate ma con un salario molto basso.
Tutto ciò è determinato da una serie di fattori ben precisi, ma il principale è sicuramente la caduta dei regimi comunisti, grazie a ciò “il capitale ha potuto cercare gli investimenti più redditizi“, ma non solo: l’effetto domino della dipartita dei principali partiti comunisti europei ha scatenato la ferocia del neoliberismo sfrenato. L’esempio lampante è proprio l’Italia: il PCI, il partito comunista più organizzato e egemone dell’Occidente, “che nonostante tutto è riuscito nel corso della sua tortuosa azione politica ad ottenere importanti vittorie” (come scrive Lucio Magri nel “Il Sarto di Ulm“), ad oggi non ha nessun erede degno che possa contribuire a portare nella discussione politica i diritti dei lavoratori e, quindi, la strada per chi sposa il connubio lotta alla disoccupazione/diminuzione dei diritti sul posto di lavoro è completamente spianata.
Resta fondamentale quindi, unire alla lotta alla disoccupazione anche quella dell’allargamento dei diritti per i lavoratori, al fine di prevenire abusi cementificando la coesione sociale. [ads2]
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