9 Marzo 2015 - 13:35

L’abbandono come metafora di un rapporto difficile con l’Italia del Boom

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Una vita difficile di Dino Risi, la sequenza dell’abbandono ci spiega il rapporto fra un ex partigiano e l’Italia all’alba del Boom Economico

Prodotto da Dino De Laurentiis, regia di Dino Risi, da soggetto e sceneggiatura di Rodolfo Sonego, il film racconta delle peripezie di un uomo, Silvio Magnozzi (Alberto Sordi), giornalista e partigiano. La storia inizia nel 1943 e finisce nel 1961, che è lo stesso anno di produzione del film.

Siamo sul lago di Como e troviamo Silvio che tenta di fuggire da un attacco tedesco, ma viene trovato da un militare nemico. Sul punto di essere giustiziato, viene salvato da Elena (Lea Massari), figlia della proprietaria dell’albergo in cui Silvio cerca di rifugiarsi.

boomUna volta salvo l’uomo resta ben tre mesi con la ragazza che lo tiene nascosto in un vecchio mulino. Elena è diventata la sua amante, ma Silvio deve tornare a Roma e dopo tre mesi la lascia per proseguire la sua attività nel giornale di sinistra <<Il Lavoratore>>.  Proprio in occasione di un servizio giornalistico Silvio ritorna, un anno dopo, sul lago di Como e qui convince Elena, in procinto di sposarsi con un altro, a fuggire con lui a Roma. A questo punto la loro storia sarà un continuo arrancare verso una vita dignitosa, fra mille difficoltà, prima fra tutte l’integrità e i principi di Silvio che lo rendono un giornalista scomodo, ben presto disoccupato e incapace di adattarsi al mondo opportunista e corrotto che si sta affacciando a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Il periodo storico che i personaggi stanno per affrontare è quello delle speculazioni edilizie, delle truffe e dei soldi facili, meglio noto come Boom economico.

boomI due protagonisti sono conviventi, non possono ancora sposarsi e un giorno un noto commendatore molto ricco, tale Bracci (Claudio Gora) gli offre un nuovo lavoro e molti soldi, a patto che non pubblichi un pezzo che comprometterebbe la sua immagine. Silvio rifiuta indignato la proposta e viene, dunque, processato per diffamazione. La condanna cade a causa della fedina penale pulita e così dopo un breve processo, Silvio può sposare Elena che nel frattempo aspetta un figlio. Proprio il giorno delle nozze Silvio si lascia coinvolgere nei disordini seguenti l’attentato a Togliatti e viene nuovamente processato. Durante i due anni di reclusione scrive un libro dal titolo Una vita difficile. Nel frattempo riprende gli studi di Architettura per volere della moglie, ma viene bocciato al primo esame rinunciando anche a questa possibilità. Dopo molti litigi si separa dalla moglie che per tutto il tempo aveva cercato di cambiarlo, soprattutto di cambiare i suoi ideali.

È proprio a questo punto della storia che in Silvio si crea una frattura e vediamo calare tutte le sue certezze e i suoi ideali. Con la separazione dalla moglie si dedica al romanzo e per due anni lo propone a molti editori, anche a Cinecittà, ma gli vengono chiuse le porte in faccia da tutti.

La scena che andiamo ad analizzare inizia proprio in un momento di crisi, a seguito di tutte queste peripezie, e si colloca circa a metà del film. Più che di scena si dovrebbe parlare di sequenza. Sono passati altri due anni e Silvio, ormai ridotto l’ombra di sé stesso, viene a sapere che la moglie si trova a Viareggio e frequenta un altro uomo.

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Questa sequenza viene considerata da molti critici il vero finale del film. Silvio ha raggiunto la moglie a Viareggio, è sconvolto e ubriaco e lei lo rifiuta fuggendo via e lasciandolo sul ciglio della strada a imprecare contro le auto che gli sfrecciano davanti. Mentre impreca, Silvio sputa addosso alle auto e ai bus carichi di turisti che sono venuti a visitare la città dicendo loro: <<Che ci venite a fare in Italia, non c’è niente da vedere, è tutto uno schifo!>>. La sequenza è una sorta di metafora di tutto il senso del film, ma anche del vero significato del Boom economico. Una farsa, un finto benessere che negli anni a venire svelerà tutto il marcio che nasconde. Non è un caso che Silvio sputi proprio su quello che fu il primo di molti status symbol del Miracolo Economico, l’automobile. Le vetture di lusso che vediamo parcheggiate fuori del ristorante dove ha avuto luogo la scena precedente, si contrappongono all’indigenza di Silvio, di cui poco prima si sono intraviste le scarpe sfondate. Silvio non ha nulla da condividere con questo mondo, ne è completamente alieno. In questa sequenza, Silvio manifesta apertamente il suo disprezzo per questo mondo ormai vuoto e superficiale. Il mondo del Boom che si avvia sempre più in fretta verso il consumismo. Il mondo che qui viene tratteggiato è quello di un’Italia corrotta e ignorante che ha dimenticato le proprie radici.

Il passaggio dei bus pieni di turisti tedeschi è un altro dettaglio interessante. Sono gli stessi tedeschi contro i quali Silvio, da partigiano, ha combattuto durante la guerra e che adesso vengono a fare i bagni di mare nel Paese che pochi anni prima avevano cercato di conquistare. Il confronto serve a mettere in evidenza quanto sia cambiato questo mondo e con quanta velocità.

boomA fare da sottofondo alla scena è una canzone molto in voga in quel periodo, Piove (1959) di Domenico Modugno. Ne sentiamo solo la melodia, ma dentro di noi cantiamo le parole del testo che accompagnano e sottolineano il senso di solitudine del personaggio che è stato appena abbandonato dalla moglie: <<Ciao, ciao bambina, un bacio ancora e poi per sempre ti perderò […] vorrei trovare parole nuove, ma piove piove sul nostro amor>>.

Non è la prima volta che vediamo un uso descrittivo della colonna sonora in un film di Risi, spesso questa funge quasi da personaggio invisibile. In questo caso si tratta di un leitmotiv che descrive il rapporto ormai logorato fra Silvio e Elena, ma allo stesso tempo anche fra Silvio e l’Italia stessa: con il Paese, il protagonista ha un rapporto conflittuale e in questo punto del film è come se venisse abbandonato anche dalla sua Patria.

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