29 Giugno 2018 - 11:26

L’accordo sui migranti è volontario, quindi praticamente inutile

Cellula di crisi Macron Aquarius Francia Deficit

L’accordo sui migranti uscito dal Consiglio Europeo  prevede solo misure volontarie, non prevede sanzioni e non cambia la gestione attuale

Uno dei temi centrali del Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles è certamente la questione migranti. La crescita e la vittoria elettorale di molti movimenti anti-immigrati e di estrema destra (soprattutto in Italia e Austria), lo scontro interno al governo tedesco tra la CDU di Angela Merkel e la CSU bavarese di Seehofer, favorevole ad una linea simile a quella del cancelliere austriaco Kurz) e i recenti casi mediatici sulle imbarcazioni delle ONG hanno fatto tornare vivo il dibattito sulla Convenzione di Dublino.

Attualmente, infatti, l’accoglimento o il rifiuto delle richieste d’asilo spetta al primo paese in cui un migrante mette piede in Unione Europea. Questo meccanismo ha creato un carico amministrativo notevole per i paesi di confine, innanzitutto Grecia, Italia, Spagna e Germania (meta principale per i migranti che percorrono la rotta ad est). Va detto, però, che i migranti in seguito lasciano spesso questi paesi per andare verso altri (ad esempio la Svezia).

Il sistema della ripartizione in quote non è mai davvero entrato in funzione, anche per le resistenza di alcuni governi, primo fra tutti l’Ungheria di Orban. In questi anni, si è consolidato il cosiddetto gruppo di Visengrad, ovvero l’insieme dei paesi con governi di estrema destra contrari ad una politica di asilo europea, e capitanato negli ultimi mesi proprio dal neoeletto cancelliere Kurz, astro nascente della destra mitteleuropea.

Negli scorsi mesi, il Parlamento Europeo aveva approvato una riforma del trattato di Dublino, che prevedeva di sostituire l’attuale sistema del primo paese d’arrivo con una sistema di ripartizione dei migranti e dei richiedenti asilo tra tutti gli stati membri in diverse quote, sulla base della popolazione di ogni paese. Come molti temevano, il Consiglio Europeo (che necessita dell’unanimità tra gli Stati Membri) ha poi respinto la riforma. In altri termini, il gruppo di Visengrad ha vinto ponendo un sostanziale veto. In queste settimane, il nuovo governo italiano ha tentato una serie di operazioni mediatiche (come il respingimento della nave Acquarius), per poter alzare il livello di scontro e per poter mantenere saldo il consenso interno, vista la campagna elettorale molto incentrata sull’immigrazione fatta dal Ministro degli Interni Salvini.

Al Consiglio di questi giorni, il premier italiano Giuseppe Conte ha alzato i toni minacciando di bloccare il Consiglio se non si fosse affrontata la questione migranti. A seguito di alcune discussioni, è stato approvato un accordo. Il problema, però, è che questo accordo non serve praticamente a nulla: fatta salva qualche frasetta simbolica, l’accordo non modifica assolutamente l’attuale gestione del fenomeno migratorio.

Ogni decisione effettiva è infatti rinviata ad altre sedi, mentre la creazione di campi profughi europei (hotspots) viene definita “volontaria” e nessun paese finora si è dichiarato disponibile a costruirne di nuovi. C’è la previsione, non vincolante, di istituire hotspots anche nel Nord Africa. Ma anche questa sarebbe volontaria, e si sa già che molti paesi (primi tra tutti Tunisia e Libia, importanti nelle rotte) non hanno intenzione di dare il loro assenso alla costruzione di centri nel loro territorio. Inoltre, il documento si esprime in maniera netta contro l’immigrazione secondaria, ovvero lo spostamento interno all’UE una volta ottenuta la richiesta d’asilo: in sostanza, il paese d’arrivo rischia di diventare anche quello di permanenza.

Dunque, al di là delle dichiarazioni vittoriose di Giuseppe Conte, questo accordo può definirsi sostanzialmente inutile, perchè non modifica assolutamente la gestione attuale. Inoltre, esprimendosi contro l’immigrazione secondaria, rischia di creare un precedente pericoloso per quei paesi, come l’Italia, che hanno enormi problemi  logistici nel gestire il carico di richieste d’asilo e la permanenza dei richiedenti. Al di là dei titoli di giornali di questi giorni, la realtà è quindi ben diversa dal successo italiano al Consiglio.

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