13 Febbraio 2020 - 10:45

Achille Lauro a Sanremo, qual è il limite per la provocazione

Marchesa Casati Achille Lauro

Achille Lauro, personaggio del momento, ha fatto molto parlare di sé per le performance “anticonformiste” a Sanremo. Ma qual è il limite per la provocazione?

Achille Lauro è sicuramente il personaggio più discusso del momento. Nelle ultime ore, sui social si è scatenata una vera e propria bufera mediatica intorno al cantante in gara alla settantesima edizione del Festival di Sanremo. Da un lato chi l’ha osannato arrivando addirittura a definirlo un “Profeta Incompreso“, dall’altro c’è stato chi ha criticato i suoi modi che definirei, usando un eufemismo, “anticonformisti“. Ma al di là di quelle che sono state le polemiche, veicolando un qualsivoglia messaggio, qual è il limite per la provocazione?

Già l’anno scorso ha fatto discutere la partecipazione in gara di Lauro con la sua “Rolls Royce“. Ora, come fece notare in un primo momento Striscia la Notizia, il brano è un chiaro riferimento al mono delle droghe pesanti. Per quanto se ne possa discutere il testo parla chiaro e i riferimenti a personaggi famosi scomparsi prematuramente o con chiari problemi di droghe.

Quest’anno al centro del dibattito non c’è più la canzone, ma la parte scenica delle sue esibizioni. Sul brano c’è poco di cui discutere, un testo inconsistente, banale che rimanda in alcuni tratti a cliché già presentati in passato. Forse l’unica cosa che un pò si salva è la base. Ciò che ha destato scalpore è stato il simbolismo che ha voluto portare sul palco dell’Ariston. La prima serata il rimando era a San Francesco, presentandosi sul palco con una tutina e scalzo. La seconda sera, quella dedicata alle cover, ha “interpretato” il celeberrimo brano di Mia Martini vestito alla David Bowie nei panni di Ziggy Stardust. La terza sera, invece, il rimando alla Marchesa Casati Stampa, conosciuta per la sua lotta contro le regole e le convenzioni. Ed infine, alla serata finale, un look alla Elisabetta I.

Il suo paragonarsi a personaggi come Bowie o San Francesco, passando quindi dal sacro al profano, gli si è in un certo senso ritorto contro. Questo tipo di omaggi si devono saper fare ed Achille Lauro non ha fatto nient’altro che darsi uno slancio dal punto di vista mediatico. Le esibizioni non sono state questo granché, toccando il punto più basso la sera delle cover, che più che Bowie sembrava un rimando all’Enigmista di Jim Carrey, dove l’unica nota positiva è stata la fantastica voce di Annalisa. Bisogna saper vestire questi panni e saper rappresentare i messaggi che si vogliono veicolare. Ma in questo momento, Achille Lauro ha saputo sfruttare il palco dell’Ariston solo per farsi pubblicità. Cosa del tutto inutile dal momento che ai giorni d’oggi basta avere uno smartphone e si riesce ad avere lo stesso impatto mediatico, se non di più. Impatto anche dal punto di vista del marketing, dal momento che gli abiti indossati durante le serate del festival sono stati creati in collaborazione con Gucci.

Profeta o esibizionista? Ai posteri l’ardua sentenza. Io penso più la seconda.