Alle rovine di Cospiti lungo la Divina Costiera
Con il mare di fronte camminiamo da Agerola fino a Pogerola con sosta contemplativa sulla rupe del convento di Cospiti. La letizia francescana permea ancora una volta la Divina amalfitana
“Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba…”
Fratello sole e sorella luna, con il vento, il fuoco, l’acqua e le altre stelle, sono doni di Madre Natura che ci fanno ormai da tempo compagnia in ogni nostra escursione.
Come dire, un “legame di parentela” il nostro, che ci fa sentire davvero parte di un’unica grande famiglia. Che sia Dio il capofamiglia, o semplicemente il Caso, quando torniamo a camminare sulla Divina costiera e ci guardiamo attorno pensiamo sempre che abbia fatto un ottimo lavoro.
Stare in questa famiglia significa non solo ammirarla, ma vivere ogni volta un’esperienza emotiva intensa attraverso una semplice avventura terrena.
E così ogni passeggiata si trasforma in un passo verso la beatitudine.
Allora San Francesco aveva ragione nel voler essere povero. Parlando con il creato non gli serviva più nulla, aveva “tutto con sé”. Ogni vera ricchezza era per lui a portata di mano, perché lui riusciva a vedere oltre, oltre la bellezza.
Vedere veramente la natura, oltre a guardarla nelle sue fattezze, è la capacità di estrarre da essa una gioia lieta insita nei suoi doni: è il gioire alla sola vista del mare, rallegrarsi al profumo fresco dell’erba, emozionarsi al vento in faccia sulla cima.
E noi vogliamo gioire e bearci anche oggi, con poco, nel nostro percorso che parte da Agerola e ci porterà, attraverso 7 km di vista sulla costa con un piacevole dislivello, fino a Pogerola, frazione di Amalfi, con addosso, alla fine del giorno, la conquista di una vera letizia francescana.
Partiamo dalla frazione di San Lazzaro come “lazzari felici – per riprendere una canzone di Pinuccio – gente che non trova mai pace” e iniziamo la salita verso le pendici del monte Murillo, intersecando il sentiero che porta verso l’alta via dei monti Lattari.
Da qui, sarà una lenta e piacevole passeggiata lungo la costa, con sosta contemplativa al convento di san Francesco in Cospiti, tappa all’acqua dell’orto e monte Raro, poi giù verso la piccola chiesetta di S.Maria dei Fuondi, lungo la tortuosa discesa degli scalini incavati nella roccia, dove la forza di gravità ci tirerà i basso con la faccia rivolta al mare.
Di fronte a noi il grande mare di Amalfi, la cui terra abbraccia scorci sulla valle dei mulini, case incastrate e mimetizzate tra la roccia, monasteri medievali e terrazzamenti, il borgo di Scala di fronte, i giardini di Ravello da lontano e infine Pogerola, con le sue case color pastello, sotto i nostri piedi.
Ma saranno le rovine di Cospiti a meritare una lieta sosta contemplativa
Isolato su una rupe, sulla sommità o cuspide di una roccia a 630 metri di altezza, il convento di San Francesco, di cui sono rimasti solo i ruderi che degradano verso il vallone di Santa Croce, rimane uno dei siti più suggestivi di Agerola tra le rocce dei Lattari.
Eretto attorno all’XI secolo, il complesso fu sede dei frati dell’ordine mendicante dei Francescani, e comprendeva una piccola cappella, una grotta destinata all’eremitaggio e i terrazzamenti lungo il pendio che assicuravano il sostentamento dei frati.
Nel corso del 1500 fu dimora del futuro Papa Sisto IV che prima di salire al pontificato, per sfuggire a una persecuzione, si rifugiò nell’antro destinato agli eremiti, dove visse per due anni. Abbandonato poi nel corso del 1800, a causa dell’occupazione francese del regno di Napoli durante la quale si ordinò la chiusura di tutti i conventi, le opere d’arte e gli arredi all’interno del convento furono trasferiti nella chiesa della Santissima Annunziata di Agerola, mentre alcuni oggetti entrarono a far parte di diversi musei napoletani.
Nel 1820 il convento fu adibito a caserma, mentre nel 1821 la zona fu prescelta come luogo di sepoltura per i morti durante le epidemie. Rifugio dei briganti dopo l’Unità di Italia, oggi è roccaforte dei falchi pellegrini.
Della lunga storia di questo convento, ciò che rimane oltre le rovine, è lo scenario sul quale è sorto che fu luogo di contemplazione ascetica e misticismo.
Un luogo che diventa per noi oggi uno stato d’animo e ci fa sentire un po’ seguaci di Francesco.
Il Cantico della natura ci dice di un amore per la realtà e per il mondo, per il loro essere portatori di tracce divine. Ciò che abbiamo di fronte sono doni della vita che conducono alla vera ricchezza.
Francesco sarebbe stato povero anche se avesse vissuto in una reggia. La sua povertà era povertà di orgoglio, in cui l’amore per sé stessi e verso gli altri non è legato al successo, alle circostanze e all’approvazione altrui, ma a ciò che resta e che nessuno potrà mai portarci via.
Allora noi non siamo e non vorremo essere sicuramente poveri, perché desideriamo avere ancora la nostra casa calda al ritorno dall’escursione e il nostro piatto a tavola, che ci permette di stare sereni.
Ma di fronte a tanta bellezza ci spogliamo sicuramente un po’ dei nostri sentimenti più negativi, dei quotidiani rancori e le insolute rabbie, abbassiamo il nostro orgoglio come trofeo e indietreggiamo davanti alle nostre piccole idee di vendetta.
Proviamo a essere più poveri di noi per riempirci dell’altro.
E così anche oggi, grazie al potere dei luoghi che abbiamo vissuto, ci spogliamo del superfluo per arricchirci della sana letizia del creato.
“Qui, in questo luogo del mondo che non è di questo mondo, dove ogni sguardo è già emozione e ogni pensiero è già sogno, qui puoi.”
(Furore, costiera amalfitana)
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