26 Marzo 2019 - 10:25

7° Arte #32: Arancia Meccanica – Uno stillicidio senza tonfi

arancia meccanica

Arancia Meccanica (titolo originale Clockwork Orange) è un film del 1972. Continuiamo a parlare di Stanley Kubrick, autentico genio artistico e grottesco che porta sul grande schermo una storia indimenticabile sul concetto di violenza fisica e psicologica

È ancora Stanley Kubrick il regista di cui parliamo. La storia della Settima Arte deve a questo regista il merito di aver rivoluzionato il cinema, non solo per le innovazioni tecniche e artistiche, ma anche per i suoi contributi nel ricercare tematiche che potessero diventare immortali.

Arancia Meccanica è uno di quei film immortali, che basterà vedere una sola volta nella vita per ricordarlo per sempre. Questo grazie a delle immagini forti, sia per espressione che per contenuti. Scavando nei processi politici e nelle debolezze della società, Kubrick osa più di ogni altro regista.

Una violenza mai vista che generò il disappunto

La storia di Alex Il Drugo è una storia di violenza. Pura, vera e propria, gratuita violenza. Quella violenza che crea ribrezzo, a tratti molto disturbante, stesa e ribaltata nella pellicola fino a diventare nauseante. Scene di grande impatto in cui il regista non stacca le inquadrature, bensì immerge un inerme spettatore in uno spettacolo che negli anni ’70 creò scalpore e polemiche.

Ma, come sappiamo bene, il cinema ha dalla sua il tempo, spesso avverso ma allo stesso modo alleato. Si può dire di Kubrick e dei suoi film che la riconoscenza sia arrivata con più di qualche anno di ritardo. Così com’è valso per il precedente film del regista, di cui abbiamo parlato poco tempo fa: 2001 Odissea nello Spazio.

Se il messaggio del film fantascientifico di Kubrick non fu compreso, per Arancia Meccanica si può dire tutt’altro. Il messaggio arriva, eccome. Penetra e si impregna talmente forte da lasciare lo spettatore senza parole ma con tanti pensieri. Esattamente come un buon libro, quello da cui è tratto il film. Kubrick era un artista che credeva molto nella transmedialità, se può essere immaginato può essere scritto, e se può essere scritto può essere visto.

Kubrick mescola lo storytelling e lo fa suo. Creando momenti di grande intensità, offrendo al grande schermo una fotografia come pochi film hanno mai fatto. Una grande tecnica accompagnata da una storia molto profonda e fonte di discussione immortale.

Contrasti, dualismi, ribaltamenti di favori e prospettive

Arancia Meccanica affronta il tema della violenza, spostandosi da quella fisica a quella psicologica con armonia ed eleganza. Un passaggio tanto importante quanto velato, vi sembrerà che il film stia ribaltandosi su se stesso. La vita di Alex cambierà da predatore a preda, un effetto boomerang della vita e di come le conseguenze seguano sempre un karma.

Leggiadro, poetico, teatrale, Arancia Meccanica contiene al suo interno uno dei sottotesti meglio riusciti della storia del cinema. Intrattenimento che si fonde a comunicazione e morali, descrivendo aspetti di una società che, a quasi 50 anni dalla data di uscita del film, riusciamo ancora a contestualizzare.

Uno dei finali più intriganti e discutibili (nell’accezione positiva del termine) della storia del cinema. Una partita in cui tutti alla fine perdono, dal protagonista ai suoi genitori, passando per la politica e le intuizioni dello spettatore. Arancia Meccanica sorprende per la sua capacità di calibrare il proprio ticchettio ed esplodere nel momento in cui meno ce lo si aspetta.

Perché alla fin fine si torna alla propria natura, che sia veramente la propria o quella che gli altri ci costringono a gettare Kubrick non ce lo dice, ma ci dice che alcune cose non cambiano mai, come la voglia di uno dei registi più importanti di sempre di cercare sempre storie nuove per un cinema nuovo.

Un cinema immortale, come il grandangolo, come i rischi del proprio mestiere, come la colonna sonora di Arancia Meccanica, come il genio che era quel grande regista di Stanley Kubrick.