Articolo 31, l’usato sicuro per una grande festa rap nella notte di Sanza
L’urlo degli Articolo 31 sbarca alle pendici del monte Cervati per una grande notte a suon di hip hop e rime amarcord
Effettivamente a pensarci bene, e per citare il loro ultimo singolo, verrebbe proprio da dire “che ansia e stress”, anche se deve essere stato davvero un bel viaggio quello che ha portato gli Articolo 31 a perdersi per strada per poi ritrovarsi a vagare di nuovo, a distanza di almeno vent’anni, su e giù per l’Italia con una reunion diventata una vera e propria tournée che ieri ha fatto tappa alla Villa comunale di Sanza per l’unica tappa campana.
Accantonati i malumori e le incomprensioni che li avevano visti protagonisti in questi anni, il duo milanese è tornato a dimostrare il perché non si ottiene lo status di leggenda dell’hip hop nostrano per caso, con uno show in pieno stile amarcord in grado di accontentare sia i nostalgici del vecchio millennio che i fan dell’ultima ora. Il centro di tutto lo spettacolo, infatti, è stata la vagonata di rime e parole a raffica, snocciolate a partire dai versi degli esordi della coppia che avviano la macchina del tempo e ti portano nelle classifiche di vendita del passato mentre vengono intonate in rapida successione le varie “Funkytarro”, “Un urlo”,” Gente che spera” e “Strade di città”.
Le luci di un enorme ghetto blaster, unica scenografia posta sul palco a fare da sfondo agli scratch ed ai piatti di Dj jad ed al resto della band, dettano i ritmi dell’atmosfera da seguire con luci e flash a tempo cercando di adattarsi alle mille curve disegnate dalla voce grossa di J-ax che si ferma solo momentaneamente e per cedere il passo ai cori femminili di rito previsti in “Domani” e “Fuck you“.
“Prima ci dicevano di essere giovanilisti e di vestirci in maniera troppo colorata”– afferma il rapper durante una delle sue arringhe out of music sfruttate anche per smorzare leggermente i toni- ” mentre ora ci dicono che vogliamo fare i giovani a tutti i costi nonostante i nostri 107 anni in due. Beh, mi verrebbe da dire che è meglio essere colorati che tristi e che vai a reggerlo un concerto così anche a 50 anni. Mica facciamo unplugged”.
Effettivamente i momenti morti durante tutto lo show si contano sulle dita di una mano, mentre il resto è fatto di punchline, colpi di batteria incalzanti, rime, terzine in serie e ancora rime che arrivano ovunque come vere e proprie mareggiate che sembrano inondare il palco con una veemenza inaudita. Nel mentre l’ugola di J-ax non molla un centimetro con Jad che gli va dietro aizzando continuamente una folla che diventa totalmente incontrollabile quando ad essere intonate sono le varie “Senza dubbio”, “L’italiano medio” e “Domani smetto”, un trittico che fa aumentare i decibel a dismisura fino a trovare la sua apoteosi nell’esplosione della piazza che chiosa con un veemente “Legalizzala!” le ultime battute della sempreverde “Ohi Maria” inscenando ancora una volta quel rito collettivo che va avanti dai primi giorni di attività del duo.
Nel mezzo c’è spazio per una breve lezione di scratch ed una sortita nella classifica dei tormentoni estivi attuali con Ax che doppia Fedez mentre intona la multiplatino “Disco Paradise”, scelta come ultimo baluardo ritmico prima degli accordi finali in salsa sanremese de “Un bel viaggio”. Proprio come quello citato all’inizio di questo testo e che continua da oltre 30 anni a questa parte facendo gridare ancora: Articolo 31, basta come garanzia??
Galleria fotografica a cura di Alfonso Maria Salsano:
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