Bolivia: la vittoria di Arce e il lascito della presidenza Morales
Bolivia: l’eredità di Morales continua con la vittoria di Luis Arce. Il socialista vince agli exit poll con il 52,4% sul centrista Carlos Mesa. Una storia destinata a ripetersi
BOLIVIA – Secondo i risultati degli exit poll, rilasciati dalle reti Unitel e Bolivision, a vincere le elezioni presidenziali sarebbe Luis Arce, braccio destro dell’ex presidente Evo Morales, attualmente in esilio in Argentina. I risultati conferiscono la vittoria del candidato del Mas, con il 52,4%, rispetto al già noto avversario centrista Carlos Mesa, fermatosi al 31,5%.
Il neopresidente boliviano Luis Arce ha così commentato la vittoria su Twitter, parlando di gratitudine e democrazia: ‘Sono molto grato per il sostegno e la fiducia del popolo boliviano. Abbiamo recuperato la democrazia e riacquisteremo stabilità e pace sociale. Uniti, con dignità e sovranità‘. Ma chi è Luis Arce e perché, tra i primi commenti rilasciati, si parla di una democrazia da recuperare?
La vittoria di Luis Arce rappresenta il lascito dell’eredità Morales, a cui Arce deve in questo caso la vittoria. Noto come ministro dell’Economia nella presidenza Morales, rimasto in carica dal 2005 al 2019, prima dello scandalo e delle dimissioni, Arce usa la stessa retorica del suo predecessore.
I buoni e i cattivi della Bolivia
Per la Bolivia, Evo Morales decise di puntare sulle minoranze, facendo breccia nel cuore dei dimenticati, essendo il primo presidente indigeno. Morales era, infatti, cresciuto parlando la lingua aymara e soltanto in età adulta imparò lo spagnolo. Agli inizi della sua carriera presidenziale, Morales era il buono, mentre Carlos Mesa il cattivo, appartenente alla minoranza privilegiata bianca, che costituiva all’epoca circa il 15% della popolazione. Morales aveva basato la sua campagna elettorale sui poveri e su quanto lavoro la sua amministrazione avrebbe fatto in favore degli ultimi. A Morales si opponevano le aspirazioni poco celate di Mesa, che tra gli obiettivi annoverava la nazionalizzazione dell’industria del gas.
I poveri e il potere di Morales
Eppure, lì dove non riuscì Mesa, arrivò Morales, spingendosi addirittura oltre, arrivando a nazionalizzare non solto il petrolio e il gas, ma anche miniere di zinco, stagno e aziende di pubblica utilità. Nel frattempo, il potere aveva già avuto la meglio e i poveri e la carenza organizzativa e funzionale delle strutture e dei servizi sociali erano già un lontano ricordo.
Il vero ago della bilancia però, fu la scelta di ritrattare le sue stesse decisioni, fino al declino definitivo. Ai sensi della Costituzione del 2009, promulgata da Morales stesso, ogni presidente della Bolivia possedeva, infatti, il diritto di ricoprire soltanto due mandati, ciascuno di 5 anni.
Avvicinandosi alla scadenza però, Morales propose un referendum in modo da eliminare tale limitazione. A decidere il Supremo Tribunale elettorale boliviano, che all’epoca era dominato dal suo partito. Il tribunale così stabilì che il limite costituzionale di due mandati violava i ‘diritti umani‘.
Una vittoria dimenticata davanti lo scandalo dei successivi brogli elettorali, di cui Morales fu accusato, costringendolo alle dimissioni e all’esilio, in seguito alle rivolte di manifestanti a cui si aggiunse l’esercito.
L’eredità Morales
Cresciuto con gli insegnamenti di Morales, il nesso che lega Arce agli strafalcioni dell’ex presidenza Boliviana non può essere negato. La Bolivia lasciata da Morales, infatti, parla di un paese dilaniato da eccessi e mancanze, parte della retorica globale. La spaccatura dell’America Latina mostra il crollo della sinistra continentale, di cui Morales ne era portavoce e, contemporaneamente, il ritorno dei paesi ideologicamente schierati a destra, sostenuti da Bolsonaro e da Trump.
Il fallimento della sinistra continentale
L’auspicio della fazione di destra sulla destituzione del venezuelano Maduro si è, invece, verificata in Bolivia, con la fuga dell’ex presidente. La decisione di basare l’economia boliviana sull’aumento dei costi dell’export ha trasformato radicalmente il tessuto sociale boliviano, dando vita a movimenti sociali contro la corruzione e le disuguaglianze. Per la Bolivia, la presidenza Morales ha a lungo incarnato, secondo la sua stessa retorica, il ritorno di un modello positivo di sinistra in America Latina, ma la sua destituzione è, invece, il risultato diretto dell’erosione di quello stesso modello.
Non rinnegare
Con la vittoria di Luis Arce, il seguito di una presidenza a tratti singhiozzante potrebbe proseguire lungo la direzione indicata dal suo predecessore. Oltre ai commenti di gratitudine e di positività sui risultati della vittoria, Luis Arce non lascia trasparire niente sull’ex amministrazione di cui fu parte. Nessun commento o critica sull’ex presidente Morales, sintomo forse di una volontà di voler continuare lungo un approccio politico-economico già battuto in passato. Mai rinnegare, non pubblicamente almeno, di questo parla il silenzio di Luis Arce, oggi presidente della Bolivia.
ARTICOLO PRECEDENTE
ARTICOLO SUCCESSIVO
Jeff Bridges, annuncio shock: “Ho una malattia grave, sto iniziando la cura”