21 Giugno 2016 - 11:30

Brexit, anche la Scozia dice la sua

Brexit

Brexit anche la Scozia dice la sua. Gli scozzesi sono dei veterani dei referendum finalizzati all’affrancamento da una potenza egemone, ma questa volta il sentimento indipendentista non sarebbe così forte

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La Brexit è l’argomento di discussione che va per la maggiore in questo ultimo periodo, e man mano che il 23 giugno, giorno della votazione, si avvicina, si cerca sempre di più di elaborare statistiche e dati sull’orientamento dei Paesi che sono chiamati al voto. Ma nessuno avrebbe mai pensato che una regione a vocazione indipendentista come la Scozia sarebbe stata, secondo i sondaggi, così poco incline al distacco dall’Unione Europea. La leader del Partito Nazionale e primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, ammette di aver valutato ogni possibile eventualità e di aver pianificato, per quanto possibile, ogni possibile scenario, per proteggere il proprio Paese “Il mio dovere è quello di proteggere gli interessi della Scozia in ogni circostanza” ha dichiarato.

Sembra paradossale, ma il sentimento europeista la fa da padrone in Scozia, e non solo nelle grandi città come Edimburgo, Glasgow o Aberdeen, ma anche nei centri minori e nelle campagne e secondo i più recenti sondaggi la Scozia sarebbe anzi la nazione meno propensa alla separazione dall’Unione Europea.

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si vota il 23 giugno

La Scozia cercherà una ulteriore via d’uscita

Il Primo Ministro parla chiaramente della Brexit come un pericolo per il suo Paese e tira fuori nuovamente l’argomento “indipendenza”, ricordando il fallito referendum del 2014 per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, promosso proprio dal suo partito. I timori della Brexit sono tali che, secondo quanto dichiarato in assemblea, ad Edimburgo, qualora vincesse il SI e la Gran Bretagna uscisse davvero dall’Unione, la Scozia cercherebbe una “via d’uscita”, che potrebbe anche tradursi in un ulteriore referendum per staccarsi dalla Regno Unito, per poi poter tornare da nazione indipendente in Europa.

Da Londra scommettono sulla inattedibilità di tale ipotesi, che sarebbe assolutamente irrealizzabile e persino incostituzionale. Ma c’è da considerare anche, guardando al fallimento del referendum per l’indipendenza del 2014, che non tutti gli scozzesi sono a favore della scissione. Calcolando che una larga fetta dell’economia scozzese si basa su agricoltura e allevamento, la maggior parte degli imprenditori agricoli delle Highlands sarebbe a rischio con la Brexit, in quanto il 74% del reddito di queste imprese deriverebbe proprio dall’Unione Europea (dati del 2015) e il mercato comune europeo accoglierebbe ben il 40% della carne di pecora scozzese, il tutto esportato senza l’onere dei dazi. La Brexit più dannosa che liberatoria, insomma.

Non solo il terzo settore, ma anche il petrolio e l’esportazione di un altro grande prodotto nazionale, il whisky, sarebbero danneggiati se la Brexit diventasse una realtà. Gli appelli si susseguono, e pare che dopo l’uccisione della parlamentere Jo Cox i malumori nei confronti della Brexit abbiano trovato nuovo vigore a partire dalla stessa Londra. Staremo a vedere, appuntamento al 23 giugno.

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