Caso Pantani, il Pirata è stato fermato dalla camorra
Sotto intercettazione un affiliato di un clan camorristico ha confessato involontariamente che Marco Pantani è stato volutamente fermato a Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999
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È come se oggi tagliassero una gamba a Messi, bucassero le ruote alla moto di Valentino Rossi, togliessero il rosso alla Ferrari, annullassero il trofeo vinto da Flavia Pennetta agli Us Open 2015 e tanto altro che ha fatto grande l’Italia sportiva nel mondo. Marco Pantani fa parte di quelle eccellenze sportive e nel ciclismo in pochi lo sono stati, pochi hanno vinto Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno (1998) e anche l’anno dopo l’avrebbe vinto, se non fosse stato fermato a Madonna di Campiglio. A Campiglio il 5 giugno del ’99 già sventolava la bandiera pirata di Pantani, perché nessuno poteva agganciarlo e il Giro era già suo. Succede però che nei controlli il valore di ematocrito è di 51,9 quando per legge dovrebbe essere 50. Li in quell’istante Marco Pantani è iniziato a
crollare, da quell’esclusione alla corsa rosa non ha vissuto più come pirata, ma come un mozzo che pulisce il ponte. Quel 5 giugno del ’99 qualcuno si è intromesso ed ha scelto che il ciclista più forte in quel momento doveva fermarsi e lasciare la bici. Il caso Pantani è stato riaperto più volte dalla morte avvenuta in un hotel di Rimini il 14 febbraio 2002. Una morte sospetta e oscura che lascia anch’essa dubbi a non finire.
L’inchiesta sulla esclusione di Pantani alla corsa rosa è stata riaperta un anno fa dalla Procura di Forlì che tramite una coincidenza, indagando su di un altro caso di malavita organizzata, ha intercettato proprio una confessione involontaria dell’affiliato del clan camorristico sul Pirata. Marco Pantani, secondo questa confessione, non doveva arrivare a Milano in quel Giro del ’99, doveva essere fermato. Il principale motivo, secondo gli inquirenti, era economico, un giro camorristico di scommesse sulla vittoria di Pantani al Giro. Quindi per non fare un buco finanziario di miliardi nel riscuotere i vincitori delle scommesse, convinti della vittoria del Pirata, la camorra ha pensato bene di fermarlo. Magari corrompendo il centro analisi, non effettuando il secondo prelievo, giocando molto sul fatto che non si poteva andare così forte senza essere dopati.
Lo aveva accennato già nel ’99 anche Renato Vallanzasca, capo della Banda della Comasina che negli anni Settanta mise a segno diverse rapine e sequestri sanguinari e per questo era in carcere nel ’99. Nella sua biografia, uscita pochi mesi dopo il 5 giugno, racconta: “Un membro di un clan camorristico, mio vicino di cella, mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani. Alle mie obiezioni sulla forza dimostrata in salita dal Pirata, rispondeva: “Non so come, ma il pelatino non arriva a Milano. Fidati. Se vuoi ti presto io i soldi, se perdi non mi devi nulla. Perché lo faccio? Sei Vallanzasca…”.
La Procura di Forlì parte proprio da queste dichiarazioni di Vallanzasca e riapre il caso Pantani, un caso che ha avuto vari scenari: da una storia di sport, ad una di sesso e droga, fino a diventare una storia di imprenditorialità camorristica che fa male e molto l’Italia e chi ama lo sport.
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