7 Aprile 2016 - 16:02

Caso Regeni, “Ecco chi ha ucciso Giulio”

Il Presidente Mattarella ricorda Giulio Regeni ed esorta a non dimenticare emendamento regeni

È cominciato oggi a Roma l’incontro tra gli inquirenti egiziani e italiani per cercare di fare luce sull’omicidio di Giulio Regeni, si attendono risposte certe

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Roma – Dopo numerosi tentativi da parte degli inquirenti di cercare di far luce sull’omicidio del giovane ragazzo italiano, il caso Regeni sembra essere vicino alla soluzione. Ad infittire il mistero ora c’è un Anonimo, il quale attraverso una mail, racconta la “vera” storia di Giulio, ricostruendo cosa sarebbe accaduto tra il 25 gennaio e il 3 febbraio. Una storia che colpisce dritta al cuore degli apparati di sicurezza egiziani, civili e militari, della polizia di Giza, del Ministero dell’Interno e della Presidenza.

Caso regeniL’Anonimo scrive a Repubblica ormai da qualche giorno da un account mail Yahoo, alternando, nei testi, l’inglese, italiano, e la sua lingua, l’arabo. Nei testi in possesso attualmente dal pm Sergio Colaiocco e il legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, lascia intendere di essere collettore e veicolo di informazioni di chi non può esporsi in prima persona, se non a rischio della vita. Probabilmente le lettere recapitate potrebbero non avere nessun fondamento, se non fosse per una circostanza. L’Anonimo ha svelato tre dettagli delle torture inflitte a Giulio Regeni mai resi pubblici e conosciuti solo dagli inquirenti italiani, perché corroborati dall’autopsia effettuata sul cadavere di Giulio nell’Istituto di medicina legale di Roma. Dall’altra parte della tastiera quindi si cela qualcuno che sapeva e sa qualcosa e che, sempre ipotizzando, potrebbe conoscere informazioni che solo i torturatori di Giulio o chi dei suoi tormenti è stato testimone.

L’ordine di sequestrare Giulio Regeni – scrive l’Anonimo – è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza”, il distretto in cui Giulio scompare il 25 gennaio. Lo stesso ufficiale con alle spalle una condanna per torture che, dopo il ritrovamento del cadavere, accrediterà prima la tesi dell’incidente stradale e quindi quella del delitto a sfondo omosessuale. “Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza Nazionale”. E fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per ventiquattro ore.

Nella caserma di Giza, Giulio “viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell’Ambasciata italiana, viene pestato una prima volta“. “Chi lo interroga- prosegue nella lettera– vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando”. Tra il 26 e il 27 gennaio, “per ordine del Ministero dell’Interno Magdy Abdel Ghaffar“, viene trasferito “in una sede della Sicurezza Nazionale a Nasr City“. Di fronte ai suoi nuovi aguzzini, Giulio continua a ripetere di non avere alcuna intenzione di parlare se non di fronte a un rappresentante della nostra ambasciata. Un no di troppo quello di Giulio che scatena un susseguirsi di eventi terrificanti. “Viene avvertito il capo della Sicurezza Nazionale, Mohamed Sharawy, che chiede e ottiene direttive dal ministro dell’Interno su come sciogliergli la
lingua
E così cominciano 48 ore di torture progressive, durante le quali Giulio viene “picchiato al volto”, “bastonato sotto la pianta dei piedi”, “appeso a una porta” e “sottoposto a scariche elettriche in parti delicate”, “privato di acqua, cibo, sonno”, “lasciato nudo in piedi in una stanza dal pavimento coperto di acqua, che viene elettrificata ogni trenta minuti per alcuni secondi”. 

Caso regeniTre giorni di torture non vincono la resistenza di Giulio. “Ed è allora – ricostruisce l’Anonimo – che il ministro dell’Interno decide di investire della questione il consigliere del Presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l’ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari, anche questa a Nasr city, perché venga interrogato da loro“. Decisione che segna la definitiva sorte di Giulio. Regeni viene colpito con una sorta di baionetta e viene minacciato che sarebbe stato sottoposto a waterboarding e che non gli avrebbero risparmiato violenze sessuali, “senza pietà, coscienza, clemenza”. 

Giulio Regeni, in seguito alle numerose violenze, entrò in uno stato di incoscienza. Nei brevi attimi di semi-lucidità, minacciava gli ufficiali del Servizio militare dicendogli che l’Italia non lo avrebbe abbandonato. “La cosa li fece infuriare e ripresero a picchiarlo ancora più violentemente”. Gli stati di incoscienza di Regeni sono a questo punto sempre più lunghi, come confermeranno i versamenti cerebrali riscontrati dall’autopsia. Ma la violenza non si interrompe. “Perché i medici militari visitano il ragazzo e sostengono che sta fingendo di star male. Che la tortura può continuare”. Questa volta “con lo spegnimento di mozziconi di sigaretta sul collo e le orecchie”. Finché Giulio non crolla e a nulla valgono i tentativi dei medici militari di rianimarlo.

I segni di sigaretta su collo e orecchie” il dettaglio, riscontrato dall’autopsia italiana, che l’Anonimo dimostra di conoscere pur essendo pubblicamente ignoto. Ed è quello che spiega il perché nella prima autopsia al Cairo il corpo di Giulio venga mutilato con l’asportazione dei padiglioni auricolari.

Caso RegeniDopo la sua morte, sempre secondo quello che sostiene l’anonimo, “Giulio viene messo in una cella frigorifera dell’ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell’Interno, i capi dei due Servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja “, nelle stesse ore in cui il ministro Guidi arriva al Cairo chiedendo conto della scomparsa di Regeni.

Ad oggi, i magistrati italiani hanno messo in dubbio le rivelazioni anonime chiedendosi come mai il corpo sia stato ritrovato: “se Regeni fosse stato davvero ucciso dai servizi egiziani, questi avrebbero provveduto a far sparire il cadavere del giovane”. Non tarda ad arrivare la risposta da parte dell’Anonimo: “Giulio Regeni doveva sparire in una buca nel deserto ma qualcosa è andato storto” 

Se la procura di Roma non otterrà elementi utili dal confronto con i colleghi egiziani, il ministro Paolo Gentiloni ha dichiarato: “Non resta che compiere un gesto forte”.

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