Chernobyl, la terribile fallibilità del genere umano e la potenza della sua verità
Forte, perturbante, vivido. Chernobyl è la serie TV targata HBO (in onda in Italia su Sky Atlantic) che sta battendo ogni record positivo di critica
Prodotto e distribuito da HBO (in Italia da Sky Atlantic), Chernobyl è senza dubbio il miglior prodotto seriale distribuito in questa prima metà del 2019. La storia del disastro di Chernobyl, che un po’ tutti conosciamo, viene affrontata dalla regia di Johan Renck con inflessibile veridicità, con una disarmante fotografia e con un cast – Jared Harris e Stellan Skarsgård su tutti – che ci fa rivivere con ansia, sgomento e rabbia i drammatici e concitati momenti di quel 26 aprile del 1986. Di quello che successo all’01:23 e 45 secondi. 33 anni fa.
Sei gli episodi che sviscerano la storia del disastro nucleare peggiore della storia del genere umano. Dall’inizio/fine sino alle battute finali, di quel processo-farsa durante il quale Valerij Alekseevič Legasov aveva tentato di denunciare al mondo intero le inottemperanze del governo sovietico. Un uomo, un eroe, che in pochi – soprattutto tra le nuove generazioni – conoscevano e che, grazie anche al lavoro di HBO, non verrà presto dimenticato.
Il valore della Storia
Chernobyl è un racconto di morte. Di un nemico che assume, in primo luogo, le fisionomie di irresponsabili sovietici e, drammaticamente in seconda istanza, di minuscoli atomi velenosi, che dilaniano, bruciano, estirpano lentamente e dolorosamente la pelle. Sciolgono le interiora: è l’oleografia della morte nella più cruda delle rappresentazioni. È la storia di ciò che è avvenuto sulla pelle di tanti, troppi uomini e donne 33 anni fa.
E allora come si racconta, la storia? Come si adatta una sceneggiatura che deve mostrare allo spettatore il peggior disastro nucleare, la peggiore catastrofe compiuta dalla mano dell’essere umano? Ebbene, Craig Mazin risponde alle menzogne che hanno condizionato l’impianto di Chernobyl con la verità di una sceneggiatura limpida a tratti semplice, a tratti disarmante, cruda, terribile.
Ma la storia non si sof(ferma) solo sull’esplosione del reattore 4 – anzi sono davvero poche le immagini relative ad essa – bensì cerca di andare oltre. Si parla degli eroi, quelli spesso dimenticati, di chi ha combattuto per ottenere la verità. È una mini-series che lascia il timone ai protagonisti, che nonostante un accentro britannico, sono granitici. E poi la fotografia, i dettagli, è una rievocazione, un documentario che mostra l’Unione Sovietica che rovinosamente cede su se stessa. Tutto per nascondere il fallimento.
Mikhail Gorbaciov nel 2006, ha scritto, “La fusione nucleare di Chernobyl è stata forse la vera causa del crollo dell’Unione Sovietica“.
Intrattenimento e morale
Nulla è fatto per caso. HBO ci ha abituato a soglie di intrattenimento difficilmente raggiungibili dai suoi competitor (vedi Game of Thrones). Eppure, in questo specifico caso, intrattenere ha un significato eloquente. Non occorrono cliffhanger, colpi di scena qualsiasi, la storia è lì, vera, scritta, passata e crudelmente ancora attuale. La conosciamo. Questa è televisione vera, che non ha bisogno di artifici, diventando lei stessa intrattenimento. È un lavoro (quanto è stato bravo Johan Renck) che colpisce e trafigge, che non si può ignorare. Perché è davvero avvenuto e a volte non ci si crede. Ed è per questo che il quinto episodio (tradotto dal cirillico “Memoria Eterna“) fa trattenere eccezionalmente il fiato: è un ripercorre, tappa per tappa, quei concitati momenti. Eppure si è lì, in silenziosa contemplazione, pensando: “fa’ che questa volta non accada, fa’ che qualcuno questa volta qualcuno riesca a porre rimedio“. Ma come ci spiega Legasov, sulle teste degli addetti ai lavori (e non solo) pendeva un countdown mortale.
Chernobyl è una serie del Ricordo
Allora Chernobyl, e non ci stanchiamo di ribadirlo, è un lavoro che rende omaggio alle vittime – il cui numero è ancora oggi inquantificabile – ai Vigili del Fuoco, ai soccorritori, ai liquidatori, ai civili morti per patriottismo, a chi è morto nell’ingenuità di tutto (come gli innocenti sul “Ponte della Morte”), a chi, per dare una mano, ha compiuto un viaggio di sola andata.
Chernobyl è un serie che, tuttavia, lascia un messaggio indefesso: è la menzogna che può uccidere, più di qualunque altra cosa al mondo. Per chiunque mente, nella storia dell’uomo, c’è sempre stato – e speriamo sempre ci sarà – chi denuncerà la verità.
“Il vero pericolo è che se ascoltiamo abbastanza bugie, allora non riconosciamo più la verità.” – Stellan Skarsgård (Boris Shcherbyna)
Ed è proprio la verità quell’aspetto morale ed etico che unisce e divide i personaggi. C’è Valerij Legasov, lo scienziato che si carica sulle sue spalle il peso di una parte del mondo che stava lentamente stava morendo, interpretato da Jared Harris al quale – si spera – vengano consegnati l’Emmy e Globe quale miglior attore, che si piega ma non si spezza sotto la pressione del KGB. Alla fine otterrà ciò che desiderava.
“So chi sono, e so cosa ho fatto. In un mondo giusto, verrei fucilato per le mie bugie, ma non per questo, non per la verità.” Jared Harris (Valerij Alekseevič Legasov)
C’è Boris Shcherbyna, il funzionario mandato dal Partito a Pryp”jat’ per risolvere la crisi. Arrivato come uomo che non doveva fare domande ma solo eseguire gli ordini. È successo che “di tutti i ministri e tutti i deputati, tutta la congregazione di pazzi ubbidienti, inviano erroneamente l’uomo buono. Quello che contava di più.” Un freddo Stellan Skarsgård, convincente e, nelle fasi finali, anche drammaticamente commovente.
E c’è lei, l’unico personaggio protagonista inventato, Ulana Khomyuk creato per rappresentare tutti gli scienziati che hanno collaborato con Legasov e per onorare la loro dedizione e il loro servizio alla verità e all’umanità.
Infine, Chernobyl è una serie per e del ricordo. Ed è questa la più importante sfida accettata e vinta da HBO: si tratta del più apprezzabile valore di cui si fa portavoce.
Affinché nulla del genere possa più accadere. Perché lo fa con intelligenza, con serietà, lucidità, sensibilità, compostezza. Perché è stato permesso di percepire la grandezza e la drammaticità del disastro attraverso il punto di vista di un pompiere, di una casalinga, di un politico e di un fisico nucleare: insomma, a 360 gradi. Eppure il risultato non cambia: la morte è morte, il dolore resta dolore. La miopia e l’ipocrisia dell’uomo restano sotto gli occhi di tutti, eppure…
“Ogni bugia che raccontiamo comporta un debito con la verità. Prima o poi, quel debito è pagato.” Jared Harris (Valerij Alekseevič Legasov)
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