Di Cicilia racconta Irpinia mon amour
Irpinia mon amour sta per uscire nelle sale. Per saperne di più sul film, per conoscere il regista Federico Di Cicilia e per confrontarvi con il suo pensiero sull’Irpinia clientelare dal futuro disilluso, leggete questa stimolante intervista, in esclusiva per ZonMovie
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Irpinia mon amour, l’ultimo lavoro del regista irpino Federico Di Cicilia, sviluppa una narrazione corale di disincantata denuncia, stemperata da un’ironia dolce-amara. È una trasposizione nostalgicamente provocatoria della Storia Irpina, tra passato, presente e futuro, a confronto con la politica locale, l’alto tasso di suicidi e il degrado socio-economico.
Del film avevamo parlato già in occasione della nomina in concorso ai David di Donatello, che vi consigliamo di rileggere: Irpinia mon amour, il caso da David di Donatello.
Irpinia mon amour, distribuito dalla JamFilm verrà presentato in anteprima il 20 Aprile 2016 ad Avellino, al Cinema Partenio. Al momento le ulteriori date sono: il 21 Aprile al Multisala Cinema Nuovo di Lioni (AV); il 22 Aprile al Multisala Carmen di Mirabella Eclano (AV) e il 27 Aprile al Duel Village di Caserta.
In attesa di vederlo al cinema abbiamo parlato con il regista, Federico Di Cicilia, che ci ha raccontato la sua visione del film, dell’Irpinia e del nostro futuro, tra trivelle, pale eoliche e una generazione annientata. Ecco a voi l’intervista.
Che cosa è e cosa rappresenta oggi l’Irpinia?
L’Irpinia è una terra di conquista. Come è sempre stata. Cosa rappresenta in generale, credo meno di una bandierina. Per me, e per gli occhi di mio figlio: la vita.
Irpinia mon amour di che Irpinia ci parla? Riflette solo su questa terra?
Ci parla dell’ Irpinia reale. Senza brand. E parla di un popolo senza più peso politico e perciò fuori dalle logiche di spartizione familistico-scambista che hanno caratterizzato gli anni 80′. Credere ai “favori” oggi è quasi come credere a Babbo Natale. Credere a Babbo Natale però aiuta i bambini a crescere. Credere in una politica che protegge le banche, gli industriali collusi e vuole continuare a trivellare il mare, la terra, e manda i suoi figli in Afghanistan o in Libia, come fosse una trasferta di Champions league, non aiuta a crescere. Perciò, no. Non parla solo di questa terra.
Che cosa ci racconta e come definiresti questo film?
Irpinia mon amour racconta un periodo storico. Racconta una crisi. Racconta l’attacco a un territorio. Racconta, spero, la fine di un’epoca. L’epoca delle grandi abbuffate. E’ un film che oserei definire “neorelista”: perché pur essendo in sostanza una docufiction, ha in se una commistione di generi e segue i personaggi (attori non professionisti) nelle loro vicissitudini quotiniane. Sullo sfondo la guerra.
Cosa speri arrivi allo spettatore? E in particolare a quello irpino?
All’Irpino, soprattutto a quello che non ha vissuto il terremoto dell’80, dico: non pensiamo di essere soli nella nostra solitudine. La crisi è mondiale e coinvolge tutti i Sud del mondo. In crisi è un modello di sviluppo e di progresso non più sostenibile. Un modello che i nostri nonni hanno aiutato a tirare su tra miniere di carbone o fabbriche varie. Un modello che ha dimenticato l’origine della vita (aldilà degli aspetti filosofico-religiosi). Il mare e la terra. E’ una notte quella che stiamo vivendo. Affrontiamola con coraggio e poi fermiamoci ad ammirare una nuova alba, possibilmente senza TRIVELLE.
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