30 Agosto 2022 - 09:00

Crimes Of The Future: il post-umano di David Cronenberg

Crimes Of The Future

In “Crimes Of The Future”, Cronenberg attesta per la prima volta la puntualità delle sue distopie. E cambia nuovamente il suo sguardo

Agosto 2022 come un mese di rinascita del genere. Se Peele e Garland, rispettivamente con “Nope” e “Men“, hanno saputo dare uno sguardo teorico sullo stato odierno del cinema e anche sul ricorso ad alcune intuizioni che guardano agli anni ’80 più “estremi” e all’orrore corporale, ci pensa uno dei maestri proprio di quel tipo di cinema ad offrire un nuovo sguardo sulle cose. Parliamo di David Cronenberg e della sua nuova creatura, “Crimes Of The Future“.

Sebbene il titolo riporti (per naturali motivi) al film del 1970 e agli albori della carriera, di quel film qui non v’è nemmeno l’ombra. Il nuovo film di Cronenberg è un oggetto abbastanza particolare, dove per la prima volta il regista usa il genere e la fantascienza non tanto per porre un’indagine su ciò che verrà, ma per attestare sia ciò che è stato sia ciò che l’umanità è diventata.

Crimes Of The Future” si caratterizza soprattutto per questo retro-futurismo che per la prima volta sembra porre Cronenberg su un piano diverso. Per il regista, non c’è più spazio per manovrare il futuro perché quest’ultimo, ormai, non ha più speranze. Soprattutto, fa capire come tutto ciò che è stato teorizzato e profetizzato in passato dal canadese sia diventato obsoleto in quanto struttura effettiva della realtà.

Un discorso che fa capire anche quanto l’obiettivo di “Crimes Of The Future” non sia scavare nelle macerie del passato per una mera funzione nostalgica o per un confronto con il presente. L’obiettivo principale di Cronenberg è quello di ripensare ciò che più ha interessato il cineasta canadese nel corso della sua carriera, ovvero il corpo, ridefinire la sua struttura e la sua funzione anche in chiave prettamente artistica.

Un argomento, dunque, molto complesso, che si presta a moltissime interpretazioni. Indaghiamo meglio.

Body art

Il futuro distopico imprecisato da Cronenberg, come detto a più riprese, è in realtà molto vicino alla nostra concezione. “Crimes Of The Future” prende piede in un tempo in cui gli uomini stessi sono diventati fabbriche di organi, sperimentando la totale scomparsa del dolore fisico e delle malattie infettive. Ciò lascia spazio anche a vere e proprie operazioni chirurgiche semplici, praticate su persone coscienti e contesti normali.

Saul Tenser (Viggo Mortensen) e la sua assistente Caprice (Léa Seydoux) eseguono performance di asportazione chirurgica di nuovi organi di origine tumorale dal corpo dello stesso Tenser. Asportazioni, tagli e operazioni, ormai, sono viste come atti erotici veri e propri, diventando degli show performativi artistici a tutti gli effetti. Gli organi devono essere registrati a un’apposita anagrafe, dove lavora anche la misteriosa Timlin (Kristen Stewart), a sua volta dipendente dal potere del New Vice.

Al contempo, però, alcuni umani specifici hanno sviluppato un apparato digerente che consente loro di nutrirsi di plastica. Uno di questi, un bambino di otto anni di nome Brecken (Sotiris Sozos), ingerisce parte di un secchiello di plastica come se fosse cibo. Convinta che sia disumano, sua madre lo soffoca con un cuscino e lascia che il suo cadavere sia recuperato dall’ex marito Lang.

Quest’ultimo chiede ai due performer di eseguire un’autopsia nel loro numero, salvo poi scoprire che gli organi del bambino sono stati trapiantati. Da lì in poi, seguiranno delle escalation che rendono “Crimes Of The Future” incredibilmente sorprendente.

Lo sguardo in evoluzione

David Cronenberg è uno dei pochi cineasti che è, da sempre, riuscito per bene a conciliare la sua poetica con l’attualità e con il mondo che lo circonda. La sua fantascienza (combinata all’orrore) ha avuto come merito quello di porre in essere un dilemma che dal futuro traeva insegnamenti per il presente. In “Crimes Of The Future“, la prima grande novità è questa presa di coscienza nei confronti sia del genere che della propria poetica.

Per la prima volta, Cronenberg decide di andare all’indietro, di scavare nel passato, di non tentare più di manovrare il futuro. Quanto l’umano (o anche post-umano) ha già manovrato si è ormai, irrimediabilmente compromesso. Il corpo diventa quindi qualcosa di estraneo. Un oggetto che “sta cambiando” (come del resto muta continuamente anche la poetica di Cronenberg stesso). Che diventa realtà effettiva (“Body Is Reality“) nell’atto della sua trasformazione.

Ciò a cui si assiste in “Crimes Of The Future” è dunque una ridefinizione del corpo come forma performativa effettiva. Come fonte di nuova pornografia “artistica” (laddove “la chirurgia è il nuovo sesso” e la chirurgia stessa permette la messa in atto di una performance). Il corpo diventa oggetto non più di mutazioni semplici, ma di una spettacolarizzazione. Ciò pone anche un serio dilemma sull’etica dell’arte e su dove quest’ultima si possa spingere pur di ottenere i propri obiettivi.

Obiettivi raggiunti tramite metodi poco ortodossi, con il corpo che diventa uno strumento per ovviare alla stasi emotiva e globale e che, dunque, diventa anche metro di paragone per scardinare l’attualità.

Mutazioni

Crimes Of The Future” è la presa di coscienza, da parte di Cronenberg, di un mondo in cui non c’è più bisogno di ipotizzare il futuro. Il corpo è “realtà“, come indica lo stesso film, e dunque anche gli ultimi prodotti del Cronenberg precedente il suo ultimo assumono un senso ben preciso. “Crimes Of The Future“, dunque, si riscopre in stretto dialogo con “The Death Of David Cronenberg“. Oltre ad essere un compendio affettivo, è anche la messa in atto della spettacolarizzazione della morte. Anzi, una vera e propria pornografia della morte.

Le mutazioni che, dunque, prima fungevano da critica alla scienza, oggi diventano il modo per attestare come l’arte stessa debba dipendere da questa pornografia. L’eccesso, lo spettacolo (reso esplicito tramite soggettive di registrazione e videocamere “interne”, come tramite plongée dei corpi nudi di Viggo Mortensen e Léa Seydoux, o dalle soggettive microscopiche di una bravissima Kristen Stewart) instaura un gioco delle parti, tra chi strumentalizza la materia umana e chi la pone, invece, come un nuovo orrore. Uno stadio di prigionia in cui la carne stessa viene ricondotta allo stadio terminale e, di conseguenza, l’intera umanità è portata al collasso.

Per la prima volta, però, c’è una mutazione anche nell’approccio di Cronenberg. Se nei suoi primi film possiamo notare la condanna della comunità scientifica, “Crimes Of The Future” abbraccia inesorabilmente lo spettacolo, esplicitando una volontà d’accettazione di questa condizione umana (che si può notare soprattutto nel personaggio, splendido, di Viggo Mortensen).

Ed ecco che il concorso di “bellezza interiore” che possiamo apprezzare nel film, diventa uno specchio per il nostro io. Ed ecco che anche lo strumento carnale è superato, tramite delle rappresentazioni che elevano il corpo a pura materia trascendentale.

Cambio stile

Anche Cronenberg è consapevole di dover “svecchiare” il suo stile. Rispetto al solito, il regista gioca molto di più con i primi piani (arrivando addirittura a citare Carl Theodor Dreyer nel finale). Pone la sua macchina da presa molto più vicina ai corpi dei suoi attori. C’è, dunque, una negazione della freddezza che ha sempre contraddistinto i suoi body horror, sebbene qualche lampo “eccessivo” resti intatto (soprattutto nell’uso del gore).

Il corpo, dunque, diventa espressione non solo della mutazione strutturale, quanto anche filmica del regista. Si intravede anche un messaggio di speranza, attraverso il quale i martiri si prestano in favore del progresso e della ribellione. Soprattutto, essi constatano il proprio ruolo di anello di congiunzione tra due visioni completamente diverse tra loro. Il post-umano, dunque, diventa uno strumento, in “Crimes Of The Future“, attraverso cui superare la funzione fondamentale corporea anche tramite la sua contrapposizione con gli spazi (sempre più stretti).

I corpi diventano dunque prigionieri delle inquadrature, dei close-up. Così si può comprendere, allo stesso tempo, sia il loro disfacimento sia la loro condizione essenziale. Il corpo, dunque, diventa un obbligo, la cui unica via di fuga è la resa ai sistemi di controllo che lo affliggono.

Crimes Of The Future” mostra come Cronenberg si ponga come possibilista (mai, però, esplicitamente ottimista). L’oggetto è un mondo che non contempla più solo possibilità binarie (o vita o morte), ma anche delle trasformazioni intermedie. Una nuova rappresentazione corporea che si pone a cavallo tra materiale e immateriale.