27 Gennaio 2017 - 12:44

La strada per El Dorado: chi trova un amico trova un tesoro

el dorado

Nel 2000 usciva il terzo lungometraggio d’animazione della DreamWorks SKG, immediatamente dopo l’uscita di Giuseppe – Il Re dei Sogni (destinato solo all’Home Video), nonché secondo dei tre titoli dell’anno 2000 (che si concluderà con l’uscita di Galline in Fuga). Una dimostrazione di professionalità ed innovazione da parte del neo-studio cinematografico che iniziava ad entrare nelle case del mondo

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Diretto da Bibo Bergeron, Will Finn, Don Paul e David SilvermanLa Strada per El Dorado (The road to El Dorado) è uno dei film più influenti della casa d’animazione di Spielberg e Katzenberg, nata solo pochi anni prima, al suo – all’epoca – terzo anno di vita nel grande schermo. Dopo i successi de Il Principe d’Egitto Z la Formica arrivò una nuova opera: innovativa, sperimentale, e soprattutto di gran successo, ricordata ancora oggi anche da un pubblico non di nicchia.

Il forte della DreamWorks: l’intrattenimento

Con questa pellicola, la DreamWorks dimostra per la prima volta la sua innata capacità di intrattenere gli spettatori con i suoi film. Ricco di colpi di scena ed azione, El Dorado è un film divertente ma al tempo stesso profondo. Un mix perfetto, il tutto contornato dalla tecnica tradizionale che rende gli sfondi a dir poco perfetti (considerando il periodo storico) e soprattutto dalla colonna sonora creata da Elton John.

Ma il vero colpo di qualità che può vantare questo film è la capacità di intrattenere lo spettatore. La storia è lineare e mai banale, e lo spettatore è continuamente incollato allo schermo per scoprire come andrà a finire. Puntare sul divertimento anche senza grandi battute, ma grazie alla sola capacità di rendere ogni personaggio credibile e carismatico, è un grande passo effettuato dal cinema proprio in quegli anni.

Il fascino del viaggio e del Road-Movie

Ne abbiamo parlato ripetutamente con la Pixar e l’abbiamo tanto amata in tantissimi altri film, non solo al cinema e non solo nell’animazione: la sceneggiatura Road-Movie. È il caso, stavolta, dei protagonisti Miguel e Tullio (li approfondiremo in seguito), due ladruncoli che tramite astuzia ed istinto si guadagnano da vivere aggirando le regole. Per una casuale successione di eventi bizzarri, si ritroveranno in viaggio nella spedizione del Generale Hernàn Cortés (esistito realmente così come le sue spedizioni in Messico, durante il 1518, data in cui è ambientato il film) alla conquista di un’utopica città d’oro.

Il viaggio li condurrà proprio lì, nella bellissima El Dorado, una città popolata da credenti e sacerdoti, in attesa degli dei che tanto venerano, al punto da sacrificare anche le proprie vite pur di onorarli viste le loro credenze. Il viaggio metterà a dura prova Miguel e Tullio, che involontariamente verranno visti proprio loro come degli dei da parte dei cittadini che li attendevano. Non è ufficiale, ma ciò sembra essere stato spunto per il film di successo con Jim Carrey, uscito nel 2003, intitolato Una Settimana da Dio.

Essere un Dio non è affatto facile se hai dei sentimenti

Miguel e Tullio si spacceranno per dei dagli immensi poteri, in modo da poter trafugare quanto più oro dalla città prima di fuggire. Qui i caratteri perfettamente contrastanti dei due protagonisti si scontreranno nel susseguirsi degli eventi: Miguel è una persona di cuore, che agisce sempre con imprudenza ed istinto, mentre Tullio è lo stratega che cerca la razionalità per ottenere obiettivi prefissati. Eppure c’è un passaggio altamente importante ma allo stesso tempo sottile. Il governatore di El Dorado, Tannabok, è all’apparenza un semplice pacioccone dal buono animo che come tutti i cittadini della città dorata fa di tutto per compiacere i – presunti – dei, Miguel e Tullio.

Eppure lui stesso capirà che loro non sono degli dei ma semplici esseri umani, ed in particolare vede  in Miguel un animo gentile e pronto ad aiutare il prossimo. Bellissima la frase che ricicla a Miguel: “Ehi, errare è umano”, citando proprio Miguel stesso che la dice ad inizio film mentre si spaccia per un dio.

Questo ed altri attimi di forte impatto emotivo che si incastrano per farci capire che la ricchezza non è tutto, e che essere un Dio non è affatto facile soprattutto se gli altri hanno immense prospettive su di te.

Miguel e Tullio: il vecchio ed il nuovo, la Disney e la DreamWorks

Nel film sono presenti dualismi molto interessanti. Quello più palese è ovviamente quello tra i due protagonisti Miguel e Tullio: da una parte il cuore, dall’altra la ragione. Da un lato i sentimenti, mentre dall’altro il cinismo. Due elementi che iniziano a braccetto per poi incatenarsi fino a spezzarsi, e ricucirsi nel finale. Presente inoltre il dualismo sacerdotale, che diventa immediatamente intolleranza reciproca tra il governatore Tannabok e l’antagonista Tzekel-Kan. Così come le spalle comiche, da un lato la sensuale Chel e dall’altro il fedele cavallo Altivo.

A proposito del rapporto tra cavalli ed umani, la DreamWorks ne approfondirà il fascino solo pochi anni dopo l’uscita di El Dorado, precisamente nel 2002.

Tornando al film, è sicuramente l’amicizia-rivalità-amicizia che lega Miguel e Tullio a smuovere con passione e divertimento l’intera pellicola. Una collaborazione che muta in tacita rivalità, e che poi si ritrasforma nella vera morale della pellicola: l’amicizia.

Perché tecnica e contenuti coincidono, e la DreamWorks inizia seriamente a farci segnare.

Perché chi trova un amico trova un tesoro e questo film è l’oro dell’animazione.

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