19 Ottobre 2016 - 18:35

Facoltà di medicina di Salerno: speciale decennale-parte seconda

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Facoltà di Medicina di Salerno: Speciale Decennale, parte seconda. Intervista al Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia Mario Capunzo

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In occasione del Decennale della fondazione del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria “Scuola Medica Salernitana”, abbiamo incontrato il Direttore, Prof. Mario Capunzo, per tracciare un bilancio complessivo e delineare gli obiettivi futuri.

  • Cominciamo col trarre un bilancio di questo primo decennio

 

Io penso che il termine più adatto sia “miracolo”, perché la Facoltà di Medicina è nata nel periodo più difficile. La sua istituzione è stata un primo miracolo. Il secondo miracolo, non meno importante, credo sia tutto ciò che abbiamo fatto nel corso di questi dieci anni. Siamo partiti pressoché da zero e, a dispetto di tutti coloro che erano scettici, siamo andati avanti.

E abbiamo ampliato l’offerta formativa attivando, in aggiunta al corso di laurea in Medicina e Chirurgia anche un altro corso di laurea magistrale, quello di Odontoiatria, e alcuni corsi di laurea per le Professioni Sanitarie, ovvero Ostetricia, Infermieristica, Fisioterapia e Tecniche di Radiologia. Inoltre, siamo riusciti ad arrivare a ben 15 scuole di specializzazione, in parte autonome e in parte aggregate. Negli ultimi anni, si è avuta una accelerazione di questo processo. Siamo partiti da due scuole in aggregazione e, nell’arco di 3-4 anni abbiamo ottenuto questi enormi risultati.

E, cosa più importante, siamo riusciti a raggiungere un elevato livello di qualità delle attività, sia dal punto di vista formativo che nel campo della ricerca. I nostri studenti, infatti, si fanno valere nelle prove nazionali di ingresso delle scuole di specializzazione, il che vuol dire che la formazione dà risposte concrete. Ancora, abbiamo attivato una serie di collaborazioni: con l’università di Harvard, ad esempio, e presto anche con l’America Latina, in particolare con la Colombia, dove organizzeremo corsi di laurea.

Un momento importante durante questo decennio è stato il cambio di denominazione, da “Dipartimento di Medicina e Chirurgia” in “Dipartimento di Medicina, Chirurgia, Odontoiatria e Scuola Medica Salernitana”. Questa facoltà riprende, infatti, la tradizione più gloriosa della Scuola Medica Salernitana, che rappresenta il più antico esempio di formazione medica al mondo.

Dunque, quando parlo di “miracolo”, mi riferisco a tutto il percorso di questa Facoltà, dalla sua fondazione fino ai risultati attuali. Ma non finisce qui. Abbiamo molti progetti in cantiere. Nei prossimi mesi sono previste iniziative di orientamento nelle scuole e l’organizzazione di attività volte a sensibilizzare i medici e futuri medici a tematiche importanti ma delicate come l’infanzia. Questa Facoltà sta, dunque, acquisendo nel tempo un ruolo di punto di riferimento per una serie di istituzioni, non solo dal punto di vista della medicina in senso stretto, ma in senso globale, sulla base di quella che è la definizione di “salute”, quale “condizione di benessere fisico e psichico dovuta ad uno stato di perfetta funzionalità dell’organismo”.

 

  • Come ha affrontato questa sfida rinnovata di Direttore del Dipartimento alla luce dei risultati ottenuti e degli obiettivi futuri?

 

La cosa più bella è che, pur provenendo da realtà diverse (diversi atenei, diverse zone di Italia), siamo riusciti ad interpretare uno spirito di gruppo, necessario per portare avanti gli studi in medicina, che sono ben diversi dagli altri campi, in quanto si completano attraverso l’esperienza in ospedale.

Un altro tema importante è, dunque, quello dell’ospedale. È necessario garantire ai nostri studenti, futuri camici bianchi, un’adeguata acquisizione delle conoscenze e competenze, il che richiede l’integrazione con l’ospedale.  Attraverso le eccellenze presenti nel contesto ospedaliero, è possibile offrire al territorio un’assistenza adeguata, e agli studenti una formazione appropriata.

Questa integrazione tra la Facoltà di Medicina e l’AOU San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona ha consentito di migliorare l’assistenza ai pazienti, i quali ormai non hanno più bisogno di andare fuori regione o all’estero per curarsi. Si tratta di un processo lungo, lento, ma volto a rispondere in maniera sempre più adeguata alle esigenze di salute della popolazione. Coniugando questi due aspetti, da un lato la formazione medica, divenuta anche specialistica in virtù dell’ampliamento delle scuole di specializzazione, dall’altro l’integrazione con l’ospedale, credo che il nostro lavoro abbia raggiunto livelli di eccellenza.

 

  • Come intenderà muoversi il Dipartimento in vista di un ulteriore ampliamento delle scuole di specializzazione?

In occasione di un incontro, svoltosi nei mesi scorsi, il Presidente De Luca ha preso l’impegno di attivare a Salerno, nell’arco del prossimo triennio, tutte le scuole di specializzazione in autonomia. Un altro obiettivo che ci poniamo è quello di aumentare il numero di docenti e ricercatori, il che è necessario per avere i requisiti richiesti per aprire altri corsi di laurea in Professioni Sanitarie. Oggi, le lauree in Professioni Sanitarie sono ancora più importanti della laurea in Medicina per quanto riguarda l’occupazione e la domanda di salute della popolazione.

 

  • Quali sono gli obiettivi futuri?

Innanzitutto garantire una continuità. Nell’ambito della continuità, abbiamo l’obiettivo di raggiungere ulteriori elementi di eccellenza e di valorizzazione, come nel caso dell’accordo con Harvard e come faremo in Colombia, dove nascerà l’università pubblica Scuola Medica Salernitana. Credo che questa iniziativa debba renderci orgogliosi, perché stiamo portando avanti una tradizione che va ripresa, glorificata e approfondita. D’altronde, la Scuola Medica Salernitana è molto conosciuta all’estero. Ed è importante che il medico di oggi abbia consapevolezza di ciò che sta al di fuori dei propri confini. Nel campo della cura, vi è, in virtù della globalizzazione, la possibilità di un interscambio. Questo si traduce nella possibilità di migliorare la qualità delle cure.

 

  • Quale consiglio darebbe ai giovani medici?

 

Sicuramente è il lavoro più bello del mondo. Riuscire a curare i pazienti dà grandi soddisfazioni. Ma è anche il lavoro più difficile, soprattutto perché i tempi sono cambiati. Credo che la cosa più importante per il medico sia entrare in rapporto empatico con il malato. Il medico deve entrare nell’anima del paziente. E non deve commettere l’errore di considerarlo solo come un organo. La concezione super specialistica della medicina attuale rischia di de-umanizzare la cura. E invece, ogni paziente non è semplicemente un insieme di organi, ma ha un suo vissuto personale e, come tale, va trattato globalmente. Il medico deve far capire al paziente che tiene alla sua persona in toto e alla sua guarigione. Sono aspetti sottili, ma fondamentali. Allo stesso tempo il medico deve anche essere in grado di difendersi dal carico di emozioni che rischia di investirlo nel percorso di cura del paziente.

 

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