Governo: Giuseppe Conte alla prova di fine anno
Nella conferenza stampa di fine anno, Giuseppe Conte traccia un bilancio dei primi mesi di Governo. E promette che la pressione fiscale non aumenterà
Promesse, promesse, promesse. Finora il Governo del Cambiamento è ricordato più per i suoi proclami continui che nemmeno per i risultati ottenuti. E la situazione non cambia nemmeno alla conferenza di fine anno, indetta dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Il capo di Governo si concentra sui primi mesi di amministrazione del duopolio Lega-M5S. Puntando tutto sul fatto che questo è un Governo “solare“, chiaro, pulito e che darà vita ad un mutamento culturale di cui l’Italia, al giorno d’oggi, ha bisogno. Si è anche concentrato sulla Manovra, che è approdata oggi alla Camera, ma si è conclusa in un nulla di fatto grazie alla bagarre con il Partito Democratico.
“Questa è l’occasione per un primo bilancio dopo vari mesi di esperienza di Governo. Un’esperienza di Governo innovativa che scandisce un significativo mutamento di passo della politica italiana. Il mutamento sta nel fatto che ci sono state forze politiche che si sono presentate in campagna elettorale, assumendo degli impegni nei confronti degli elettori, hanno formato un Governo e hanno redatto un contratto di Governo. Il contratto ha tradotto quegli impegni e si è dato vita a un Governo che sta realizzando quegli impegni.” ha dichiarato Giuseppe Conte.
“La Manovra si pone in termini di continuità con quegli impegni. In passato succedeva che facevano delle promesse, non si scrivevano in un contratto, di volta in volta le decisioni venivano assunte. Ecco, noi no: è stato fatto alla luce del sole. Il modus operandi condizionerà l’azione di Governo. Quando rivendico l’azione populista di Governo lo faccio alla luce di questa continuità. Questo modo di procedere ha dei vantaggi di cui beneficia l’intero sistema democratico.” ha poi concluso.
Gli auspici per il nuovo anno
Non mentiamo, se diciamo che dal Presidente del Consiglio non ci aspettavamo un discorso così populista. Solitamente, Giuseppe Conte ci ha abituato ad essere un uomo d’equilibrio, di puro raccordo tra due anime del Parlamento e del Governo che sembrano così uguali da non esserlo affatto.
Il Governo non ha realizzato tutto alla luce del sole, come il buon capo ha dichiarato nel suo discorso. Infatti, nella Manovra “del popolo” sono nascoste ben nove stangate che il presidente ha ben pensato di omettere e di non ammettere davanti ad una pubblica piazza di questa portata (ovvero l’intera nazione).
Tanto per cominciare, si potrebbe partire dalla tassa sulle vendite online. Si potrebbe parlare del raddoppio dell’Ires per gli enti no profit, provvedimento che sembra arrivare però dall’altra sponda del Governo (ovvero quella leghista). Come si può parlare anche della vera e propria staffilata alle amministrazioni locali, costrette a pagare un miliardo di € in più (secondo le stime del CGIA di Mestre), tra Irap, IMU/Tasi e addizionale Irpef.
Si passa al mancato adeguamento delle pensioni oltre i 1.200/1.300 € netti al mese. Per non parlare dei tagli al welfare (che suona come una vera e propria offesa nei confronti dei cittadini). Insomma, i punti ciechi della Manovra sono innumerevoli. Tutti dettati dal fatto che, naturalmente, capolavoro dei capolavori, la Manovra che avevano promesso in principio Lega e M5S non si è realizzata per “colpa” (o per merito?) dell’Europa.
L’accordo che ha permesso di non sforare il deficit e di non mandare l’Italia ulteriormente nei casini con l’Unione Europea, infatti, ha assunto i canoni di una sorta di “vittoria“. Ora, vittoria effettiva lo è stata, in quanto ha evitato al nostro Paese una procedura d’infrazione che sarebbe costata cara e amara. Il prezzo, però, è tutto da pagare nella Manovra, modificata secondo i parametri UE.
E, a pagare, naturalmente, sono i cittadini. Altro che “Manovra del Popolo”. Giuseppe Conte, la prova di fine anno, l’ha fallita miseramente, nascondendosi dietro dei futili proclami, quelli che di solito toccano agli “Stanlio & Ollio”, Di Maio e Salvini. E non ce lo saremmo aspettati.
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