Il mondo che (non) vorrei, di Stefano Ciribè: un racconto estetico-narrativo sulla distopia
Tra le ultime novità in libreria vi suggeriamo Il mondo che (non) vorrei: la multiforme natura della distopia di Stefano Ciribè. Un percorso multifocale che invita a riflettere sulle potenzialità polimorfiche e catartiche della distopia.
Il mondo che (non) vorrei: la multiforme natura della distopia è l’opera prima di Stefano Ciribè, edita da Mimesis Edizioni per la collana “Eterotopie” e disponibile dallo scorso 15 marzo in libreria e sulle principali piattaforme di e-commerce dei rivenditori ufficiali. È inoltre acquistabile in formato Kindle su Amazon.it.
Il saggio offre importanti spunti di sintesi e di definizione sul topos della distopia. La riflessione permette infatti, di delinearne i caratteri chiave, senza la pretesa di portare a saturazione il tema, ne costituisce anzi terreno fertile per ulteriori approfondimenti. A partire dal titolo, in cui quel “non” messo tra parentesi include e non preclude, così come la suggestiva copertina, frutto di un progetto grafico a cura della casa editrice.
Il mondo che (non) vorrei: la struttura di narrazione
Il lavoro si articola in due parti. Una essenziale e generale sulla connessione complementare tra utopia e distopia, con l’approfondimento di tre distinte manifestazioni distopiche: totalitaria, catastrofica e cibernetica. L’altra è più tecnica, arricchita dall’analisi di specifiche distopie, una per ciascun ambito di ricerca: letteratura, cinema, serie tv, videogiochi, fumetto/manga.
Nella sessione introduttiva Stefano Ciribè si occupa della scomoda questione terminologica, rea di aver creato non solo confusione nell’attribuzione di significato, ma persino una differenziazione netta tra le due entità di studio: utopia e distopia. L’obiettivo dell’indagine è quello di scomporre la complessa fenomenologia distopica fino all’estrazione di possibilità rimaste inespresse.
Focus sul libro
Nel mondo (che) non vorrei, l’incubo distopico si sostituisce al sogno utopico, fomentando una tendenza al catastrofismo, figlia dei nostri tempi e materiale penetrabile dall’immaginario collettivo. In questo i totalitarismi novecenteschi disegnano una lucida utopia del terrore che non frena nemmeno a cospetto delle democrazie, nelle quali la polarizzazione delle idee e delle posizioni verso il pensiero unico, rischia di sopprimere il concetto stesso di democrazia. Tali forme di privazione della libertà politica ed individuale altro non sono che distopie realizzate.
Se la distopia totalitaria appare essere il diretto capovolgimento dell’utopia, l’altra anima della distopia è certamente invadente, alimentata dalla presenza pressoria dei nuovi media e dallo stagliarsi di un futuro sempre più incerto. Basti pensare all’incombenza della minaccia atomica, risputata dal sistema di informazione come il più probabile e certo avvenimento. La terza ed ultima distopia è quella cibernetica, in cui al velato tentativo di guardare con ottimismo alla prospettiva trans-umanista, si contrappone il limite della prevaricazione del progresso tecnico-scientifico.
A mo’ di appendice
L’excursus prosegue con la presentazione didascalica di cinque casi distopici, posti a “mo’ di appendice”. Il comparto letterario è rappresentato dal romanzo vincitore del Pulitzer nel 2007, La Strada (Cormac McCarthy, 2006). La seconda analisi è cinematografica e riguarda il capolavoro cult Blade Runner (Ridley Scott, 1982) alla quale segue una terza riflessione sulla serialità che si traduce nel prodotto Amazon Studios L’uomo nell’alto castello, andata in onda dal 2015 al 2019.
Cyberpunk 2077, game sviluppato e prodotto da CD Project Red nel 2020, incarna l’area videoludica, mentre Nausicaä della valle del vento, vessillo della parentesi fumettistica ed esemplare di spicco dell’universo manga del maestro Hayao Miyazaki, chiude il percorso.
Visto l’aspetto multifocale dell’opera, sarebbe controproducente svelare le perline di una più ampia collana estetico-narrativa, pertanto al potenziale lettore basti cogliere per il momento la main promise della confutazione, in attesa di una lettura completa del lavoro. La promessa di storytelling è quella di riscoprire il valore interpretativo ed epistemologico di quei mondi a lungo ignorati e frettolosamente privati dell’etichetta dello status d’arte, in particolare il settore grafico-visivo e quello del gaming.
Utopia e distopia come facce della stessa medaglia
Utopia e distopia possono essere considerate facce della stessa medaglia, la cui esistenza non si traduce meramente in una relazione di contrapposizione semantica, piuttosto si pone in una prospettiva possibilista ed aperta. Secondo l’autore, il topos letterario della distopia è persino conducibile ad un contesto pop, in cui la riflessione filosofica cavalca i miti della popular culture da cui si sente irrimediabilmente attratta. Ha anche una funzione trans-mediale per la sua caratteristica di narrazione trasversale e multicanale. Infine la distopia è certamente catartica, intendendola come l’effetto di purificazione, più o meno voluto, della sua stessa rappresentazione.
Chi è Stefano Ciribè
Stefano Ciribè (San Benedetto del Tronto, 1987) vive in provincia di Fermo, nelle Marche, dove insegna Discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado. Laureato nel 2011 in Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Macerata, nel 2023 consegue una seconda laurea magistrale in Filosofia dell’Informazione – Teoria e Gestione della Conoscenza presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
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