18 Giugno 2018 - 16:35

Il rebus, altro che quiz preselettivi!

rebus

Eterna vita al rebus!

Piccola annotazione a margine: io, con i rebus, non c’ho dimistichezza.

Mi ci metto di buzzo buono, intreccio collegamenti tra immagini e lettere, raccolgo suggestioni che possano dare un senso a quella bocca digrignata verso la pioggia, ma niente.

Proprio nel momento in cui il demone di Socrate mi fa intravedere una scucitura nel velo di Maya, eccolo il senso di colpa che mi morde la coscienza: “O turpe malcreato, non bastava il libro da scrivere, lo spartito da memorizzare nelle dita oltre che nella testa, mo pure coi rebus ti trastulli a dilapidar tempo?”

Che dirvi? Nonostante mi affascini, ci sono delle priorità “passionali” che non ammettono tradimenti. Oltre, ovviamente, alla sempiterna esigenza di mettere assieme il pranzo con la cena.

Ma cos’è il rebus? Lo chiedo al dottor Marco Cattoretti, una di quelle persone la cui sola qualifica è capace di atterrire una Trimurti: personal financial Planner.

Milanese fin nel midollo, ma con il sorriso di un Masaniello d’accatto, confessa:

Il rebus, oltre a un piacevole e costruttivo passatempo, per me è anche un attegiamento di vita; mi ha aiutato a prendere le distanze dal quotidiano e a farmi riflettere per meglio valutare le situazioni personali e lavorative. insomma, nel rebus c’è sempre una seconda lettura che spesso svela più di quanto le stesse persone coinvolte nella sua soluzione credono di sapere.

Con il rebus, per quello che ho potuto capire, succede proprio così. Ti trovi di fronte a un disegno, magari cercando di riempire di contenuti le fughe delle mattonelle di una sala d’attesa.

Eccola, quindi, balzarti sotto gli occhi la vignetta in cui ci sono due tizi. La distanza tra l’uno e l’altro è coperta da una lettera che sembra esserci capitata lì per caso…ingenui! Nel rebus, che lo si dica una volta per tutte, nulla è lasciato al caso.

E Sì – è sempre il dottor Cattoretti che puntualizza – perchè l’elemento maggiormente suggestivo, è il secondo significato delle immagini proposte (la famosa p.l. che sta per Prima Lettura e la Soluzione o Seconda Lettura) con le sue regole, con i grafemi o gli asterischi per i rebus muti, con l’analisi delle immagini per capire le scene, il rapporto tra di loro e se la soluzione sia da rintracciare nella descrizione, nella domanda da porsi o in un ragionamento di cui seguire le trame.

In buona sostanza, pur da scarsissimo risolutore di rebus, mi sono fatto persuaso di una cosa: per l’intelligenza che richiede, per la conoscenza della lingua italiana di cui si connatura ogni soluzione nonchè per il corredo di logica intrinseca che aspetta solo di essere portata alla luce dall’argomentare sopraffino, il rebus potrebbe tranquillamente sostituire le prove preselettive dei concorsi.

Magari il candidato prescelto non saprà calcolare il minimo comune multiplo, ma sicuramente sarà in grado di intagliare, nella corteccia cerebrale sempre asfittica dei nostri tempi, uno scheletro di ragionamento.

E Dio solo sa quanto bisogno ci sia, ora più che mai, di menti pensanti.

Viva il rebus!

 

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