22 Agosto 2016 - 10:32

L’immigrazione nell’Italietta del “non sono razzista, ma”

L’emergenza immigrazione riporta in auge la figura dell’italiano medio dal cuore buone ma dalle azione ambigue. Il “non sono razzista, ma” diventa sempre di più una peculiarità del “popolo italico”

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Il popolo italiano nel corso della storia si è reso famoso per le sue posizione ambigue assunte dai più nei momenti chiave.

Il, tristemente, celebre “non sono…ma…” si è reso, soprattutto nell’era “contemporanea”, peculiare nello spiritico italico tanto da rappresentarlo in maniera del tutto particolare all’opinione pubblica mondiale. Questo curioso tratto è riscontrabile anche attualmente in riferimento all’emergenza immigrazione che ha portato a situazioni, sul nostro territorio, a dir poco paradossali.

 immigrazione

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Oltre al razzismo galoppante sviluppatosi in contemporanea all’effettività del Jobs Acts (che ha portato molti a collegare i due argomenti pur non essendoci un preciso collegamento fra loro), si sono create una serie di situazioni che hanno rimarcato quanto l’“italiano medio” degli anni duemila abbia la memoria corta, dimenticando, con i propri atteggiamenti, ciò che anche i nostri “avi” hanno dovuto affrontare in passato.

Fra le tante cadute di stile clamorose, infatti, se ne possono ricordare due, in particolar modo, che hanno fatto emergere il famoso atteggiamento di “giustificazione” del non sono razzista, ma…

I due luoghi in questione sono rispettivamente Capalbio (GR) e Genova, casualmente due città simbolo della “sinistra bene”, che hanno mostrato quanto, nonostante le belle parole, le “cattive abitudini” tardano a morire nel nostro paese.

Per quanto riguarda il primo caso, quello del piccolo comune frequentato prevalentemente da “intellettuali di sinistra”, le rimostranze nell’ospitare un gruppo (i numeri reali dicono 50, quelli dei cittadini 500) di migranti ha reso evidente il diffuso “pensiero italico” dell’ “accoglienza purché venga fatta da altri e non sotto i miei occhi”.

In maniera molto simile si è sviluppato, invece, il “modello Genova” (avallato anche dal Governatore Toti), in cui l’inizio dei lavori per un centro di accoglienza in Via XX settembre, centro della città in cui è presente il mercato maggiore del luogo, ha fatto scatenare le ire dei residenti perché questo andrebbe a colpire il “decoro” della zona (frequentata, come detto dal proprietario del B&B sotto il centro, da “gente di un determinare spessore”).

I due episodi mostrano quanto l’italiano medio non sia ancora pronto per una “società moderna”, multi-etnica, multi culturale e, quindi, “avanzata”.

Con i tanti episodi riguardanti i migranti si dimostra, ancora una volta, come l’idea della “razza pura”, seppur giustificata da un buonismo di facciata, sia rimasta intatta nel nostro popolo e come, dopo diversi anni, sia ancora difficilmente “sradicabile” dall’animo nazionale.

Un popolo che tende al miglioramento, inoltre, cerca in tutti i modi di evitare gli “errori” subiti sulla propria pelle nel passato, senza mai farli riemergere.

Il “non sono razzista, ma” è la peggior forma di razzismo che possa esisterà nella nostra penisola e il peggior modo di affrontare una situazione creata, in sostanza, dalle “manie di grandezza” di un occidente sicuro di poter determinare, a tutti i costi, la vita degli altri.

“Lo sapevamo anche noi il colore dell’offesa e un abitare magro e magro che non diventa casa.” (Gianmaria Testa, Ritals)

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