27 Aprile 2015 - 11:09

Gian Maria Volonté nel “monologo del dottore”

gian maria volonté

Il 9 aprile del 1933 nasceva Gian Maria Volonté. ZONmovie lo ricorda attraverso una delle sue migliori interpretazioni: “il monologo del dottore”

[ads1] Gian Maria Volonté è stato un attore poliedrico che ha segnato la storia del cinema italiano. In occasione dell’anniversario della sua nascita ZONmovie sceglie di ricordarlo riproponendo l’analisi di una celebre scena tratta dal film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto: “il monologo del dottore”.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto compone una trilogia con “La classe operaia va in paradiso” e “La proprietà non è più un furto” che vide la collaborazione per la sceneggiatura e l’ideazione della trama narrativa tra Elio Petri e Ugo Pirro. I due erano legati da una comune esigenza: raccontare le trasformazioni in atto della società italiana tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 e lo scontro di classe nelle sue diverse manifestazioni.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Elio Petri, regista atipico all’interno del panorama italiano, è riuscito meglio di chiunque altro a raccontare l’Italia proletaria e medio borghese degli anni’ 60 e ’70 con le sue contraddizioni di fondo attraverso un’accurata analisi  e narrazione psicologica dei personaggi. “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” costituisce, senza alcun dubbio, un esempio di cinema politico dichiaratamente militante: denuncia in maniera esplicita l’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine e l’operato della classe dirigente dell’epoca. Il film fu scritto nel ’68 e girato nel’ 69 sullo sfondo della strage di Piazza Fontana in un clima di tensione politica e sociale. La pellicola rischiò la censura a causa dell’immagine della Polizia che proponeva, ma riuscì ad ottenere un grande successo di pubblico nelle sale italiane e non. Nel 1970 vinse l’Oscar come miglior film straniero e ottenne il premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Ulteriore fiore all’occhiello la colonna sonora di Ennio Morricone che descrive  e accompagna la gestualità dei personaggi.

Veniamo alla trama. La pellicola, sin dalla prima sequenza, mostra  l’esecuzione e la messa in scena di un delitto, ma a quale scopo? Questo il dilemma iniziale che colpisce lo spettatore. Un uomo entra in un palazzo antico ed elegante nel centro di Roma, ha un appuntamento con la sua amante. Durante un rapporto sessuale l’uomo uccide la donna, si riveste e poi inizia lasciare con estrema cura tracce della sua presenza sulla scena del delitto.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Il giallo ci svela immediatamente che l’omicida è parte attiva dell’indagine sulla morte della vittima, Augusta Terzi, (Florinda Boikan) poiché l’assassino è il Commissario di Polizia (Gian Maria Volonté) che durante il film sarà chiamato da tutti “il dottore”. Il protagonista, dunque, è poliziotto e al contempo criminale. Il “dottore” vuole sfidare se stesso e gli altri, per dimostrare al di là di ogni dubbio, che un commissario di polizia non è mai sospettabile né veramente colpevole, qualunque cosa faccia e che, alla fine, comunque, la sua funzione di difensore dell’ordine peserà sulla bilancia dell’utilità sociale più di qualsiasi delitto.

L’omicidio avviene nello stesso giorno in cui il Commissario da Capo della squadra omicidi viene nominato responsabile dell’ufficio politico. Il protagonista, in occasione della promozione, pronuncia un discorso a difesa dei valori dell’autorità e del potere, valori derisi dal regista attraverso una satira sottile e l’enfatizzazione di tratti fisici e psicologici del protagonista (tic verbali, intonazione dialettale ai limiti del grottesco, smorfie facciali).

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

“Da oggi assumo la direzione dell’ufficio politico. […] Ciò è stato deciso poiché tra i reati comuni e i reati politici sempre più si assottigliano le distinzioni, che tendono addirittura a scomparire. Questo scrivetevelo bene nella memoria: sotto ogni criminale può nascondersi un sovversivo; sotto ogni sovversivo può nascondersi un criminale“.

Luoghi comuni, linguaggio burocratico e “statale” espresso con un accento dialettale. L’esercizio del potere diviene un’azione sistemica di controllo delle masse sempre più indistinte, grazie ad una voluta confusione e distruzione del confine che separa ciò che è legale da ciò che è perseguibile.

“Che differenza passa tra una banda di rapinatori che assaltano un istituto bancario e la sovversione organizzata, istituzionalizzata, legalizzata? Nessuna. Le due azioni tendono allo stesso obiettivo, sia pure con mezzi diversi, e cioè al rovesciamento dell’attuale ordine sociale. L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite”.

Alternando toni che variano dall’alto al basso accompagnati dalla mimica facciale e dai gesti delle braccia prosegue un discorso di stampo autoritario a difesa dell’ordine costituito. Il richiamo all’ordine e alla necessità della soppressione degli oppositori riecheggia i “valori” promossi durante il regime fascista.

“Noi siamo a guardia della legge che vogliamo scolpita nel tempo… Il popolo è minorenne. La città è malata. Ad altri spetta il compito di curare ed educare. A noi il dovere di reprimere. La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!“.

Il tentativo è quello di legittimare l’esercizio del potere, da parte di coloro che Petri definisce “i servi del potere”, attraverso l’uso della coercizione, dell’intimidazione e la convinzione dell’essere al di sopra della legge; una superiorità che vale per i suoi servitori e non per il popolo. L’arroganza che traspare dal monologo del dottore non è altro che lo specchio dell’esercizio quotidiano della sopraffazione che travalica le regole, assottiglia  i confini tra bene e male ed evidenzia il gioco e la farsa del potere.

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