Oggi compie 60 anni John Turturro, newyorkese d’eccellenza con antiche radici italiane. Un regista interessante quanto attore brillante, ironico ed iconico, capace di dare risalto nell’immaginario collettivo anche a dei piccoli ruoli. #AccadeOggi
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John Turturro, nato a Brooklyn il 28 febbraio 1957 e cresciuto nel Queens, è figlio di una cantante jazz e di un immigrato siciliano, carpentiere e veterano della seconda guerra mondiale, la cui storia è stata d’ispirazione per il suo esordio dietro la macchina da presa nel 1992 con
Mac.
Fedele alle origini, continua a vivere nello stesso quartiere in cui è nato, melting pot di tradizioni italiane, ebree e africane. Volto di
un’istrionico caratterista, loquace e pungente, acceso da improvvisi e sarcastici scoppi d’ira, Turturro è l’emblema della New York italoamericana, grottesca e malinconica, violenta e piena di contraddizioni.
Le sue caratteristiche non sono sfuggite a Spike Lee e ai fratelli Coen, che ne hanno fatto una sorta di feticcio. Agli esordi Turturro, che aveva iniziato con il teatro, fu notato da Robert De Niro, che gli suggerì di fare un provino per
Toro scatenato di Martin Scorsese: nonostante si fosse dimostrato capace, allora fu solo una dimenticata e fugace apparizione.
Una carriera attoriale iniziata tra alti e bassi nel 1980, costellata da un centinaio di ruoli, che pur non da protagonista, sono rimasti impressi nell’immaginario comune: da
Il colore dei soldi di Scorsese ad
Hannah e le sue sorelle di Woody Allen. Le sue memorabili connotazioni si esprimono al meglio a partire dal 1987, ne Il siciliano di Cimino e in Five Corners di Tony Bill, dove Turturro rivela una forse inaspettata intensità. Spike Lee ne resta affascinato e lo scrittura per
il razzista e triviale italoamericano Pino di Fa’ la cosa giusta (1989), segnando l’inizio di una proficua collaborazione. Appena un anno dopo, con il gangster ebreo Bernie Bernbaum di
Crocevia della morte, si apre l’altra duratura collaborazione con i fratelli Coen: seguiranno
le interpretazioni cult di Jesus Quintanane, l’iconico dio pederasta del bowling de Il grande Lebowski (1998) e di Pete di Fratello dove sei? (2000), farsesca “odissea” country nella Mississipi della depressione degli anni ’30. Scena tratta da “Passione”
Dai ghetti newyorkesi di Clockers (1995) di Spike Lee, Turturro approda all’emaciato ruolo di Primo Levi ne La tregua (1997): un film che segnerà un imprescindibile legame, alla ricerca delle radici paterne, con l’Italia e il suo “cinema”, al momento all’apice con il ruolo del 2015 di una
narcisista star americana in
Mia madre di Nanni Moretti. Significativi sono anche i lavori registici legati all’Italia:
Prove per una tragedia siciliana, accorato documentario
sulla terra natale dei nonni, narrata da Camilleri e fotografata da Marco Pontecorvo; e
Passione (2010), vivace e sentimentale sguardo sulla cultura musicale e popolare partenopea, affrescata nell’imperscrutabile fascino disincantato da Raiz, Massimo Ranieri, Peppe Servillo e Fiorello. [ads2]