La battaglia di Hacksaw Ridge. La recensione di ZON.it
La battaglia di Hacksaw Ridge è l’ultima apprezzabile fatica dell’attore/regista australiano Mel Gibson, assente dalla guida di un film dal lontano 2006
Mel Gibson (Braveheart – Cuore impavido; La passione di Cristo; Apocalypto) torna in ottima forma dietro la macchina da presa dopo quasi 11 anni di assenza. Con La battaglia di Hacksaw Ridge Gibson riesce ad esprimere se stesso, senza snaturarsi. La pellicola (6 nominations agli Oscar) si nutre delle classiche convenzioni cinematografiche, rielaborate egregiamente, e della cruda violenza, tanto cara al regista.
La trama
Il religiosissimo Desmond T. Doss (Andrew Garfield), in piena Seconda guerra mondiale, decide di arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti come obiettore di coscienza e ufficiale medico. Egli non vuole imbracciare nessun tipo di arma poiché la sua intenzione è quella di salvare vite e non di toglierle. Decide dunque di partire alla volta del Giappone anche contro la volontà del padre, Tom Doss (Hugo Weaving), un ex militare ormai depresso e violento tra le mura domestiche. A precedere l’intervento in guerra ci sarà l’addestramento, durante il quale Desmond conoscerà i suoi futuri compagni di battaglia capitanati dal Sergente Howel (Vince Vaughn).
Il rifiuto delle armi per salvare vite
La pellicola si divide in tre parti perfettamente equilibrate. Nella prima, Desmond T. Doss viene mostrato negli spezzoni salienti della sua giovane vita, quelli che lo hanno segnato, tra cui vi è l’avvenimento che lo porterà ad avvicinarsi in maniera inestricabile alla fede. La seconda parte vede Desmond abbandonare la piccola cittadina dove è nato e cresciuto per arruolarsi nell’esercito. Egli lascia una situazione domestica problematica in cui il padre, violento e alcolizzato (conseguenze dell’esperienza di guerra), ha spesso usato negli anni violenza contro di lui, suo fratello e sua madre.
Probabilmente, il suo stretto legame con la fede va visto nell’ottica di uno spirituale allontanamento da una situazione domestica avvilente. Perciò, quando ha l’opportunità di andare via per davvero Desmond lo fa, arruolandosi.
Il suo rifiuto ad imbracciare armi propone un modo del tutto insolito di affrontare una guerra, invertendone le finalità. Desmond vuole, infatti, salvare vite. Verrà, ovviamente, durante l’addestramento, preso per pazzo dai suoi colleghi e dagli ufficiali. Inutile dire che il giovane farà di tutto per contraddire la communis opinio.
Non si può tacere, in questa fase, la presenza del Sergente Howel, interpretato da Vince Vaughn, protagonista di una delle scene più curiose e comiche degli ultimi tempi, quasi una parodia dell’intramontabile Full Metal Jacket.
La terza parte dell’opera vede protagonista la battaglia in cui Desmond Doss avrà le sue chances di farsi valere, pur senza usare armi.
Il film di Mel Gibson ricalca situazioni già viste in passato e non disdegna i cliché. Nonostante ciò, il risultato non è banale, ed è qui che sta la grandezza di quest’opera, notevole nella sua semplicità. Agli occhi di molti La battaglia di Hacksaw Ridge potrebbe sembrare la “solita americanata”, se non fosse che qui ci si trova di fronte ad una storia vera e di vero coraggio. Alla costruzione cinematografica è dato sì il compito di edulcorare, rimodellare e ingrandire alcuni fatti ma l’audacia di Demond Doss è reale e non ha bisogno di ritocchi di sorta.
Religione e violenza costituiscono due filoni importanti nella meccanica del film, temi tanto cari al regista statunitense. Ad alcuni potrebbe sembrare eccessiva la spiritualità del protagonista e della influenza che questa ha su quest’ultimo. Piuttosto andrebbe visto, al di là della fede religiosa, un uomo con sani valori e tanta forza di volontà.
Riguardo alla violenza il regista cerca di allontanarsi il più possibile, come spesso fa, dalla finzione cinematografica e spettacolare per cercare invece di attenersi quanto più possibile alla macabra realtà. Non c’è nulla di lodevole nell’uccidere un altro uomo e questo Mel, in La battaglia di Hacksaw Ridge lo dice a gran voce.
Il film riesce a coinvolgere dall’inizio alla fine, senza pause; comunica con lo spettatore e di rimando questo risponde con adeguato slancio emotivo. Il regista vuole che il pubblico si senta parte soprattutto delle situazioni drammatiche, tipiche del cinema classico e per la verità un po’ forzate, che coinvolgono il protagonista. La sceneggiatura di Andrew Knight propone dialoghi abbastanza credibili e coinvolgenti (in parte tesi ad esaltare la religiosità e i valori del protagonista) a cui si affiancano soprattutto scene di combattimento ben costruite.
Il cast
Un Andrew Garfield molto a suo agio nei panni di Desmond Doss. Espressivo e comunicativo come non gli è riuscito in Silence, l’attore conferma una grande capacità di coinvolgere il pubblico in ogni suo stato d’animo. Insomma, Andrew Garfied e Mel Gibson, un matrimonio perfetto.
Risultano invece davvero inconsistenti i personaggi che affiancano il protagonista, ai quali è demandato il solo scopo di mettere in risalto tutte le qualità del giovane soldato disarmato.
La battaglia di Hacksaw Ridge, pecca nel finale/non finale che lascia un po’ di amaro in bocca. Ma, in definitiva, ci si trova di fronte ad un film dalle immagini e dai sentimenti crudi e viscerali che, al di là di tutto, nel bene e nel male, lascia il segno e vale la pena di vedere.
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