11 Giugno 2021 - 09:32

Licenziamenti: come funziona il regime della giusta causa

giusta causa

Il licenziamento per giusta causa è la forma più grave di cessazione del rapporto di lavoro subordinato e nel corso degli anni ha subito riforme nella disciplina

Il licenziamento per giusta causa, è disciplinato dall’art. 2119 c.c., che recita: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.”

La forma più grave di licenziamento

L’impossibilità anche solo di una provvisoria continuazione del rapporto di lavoro rendono evidente la gravità della disciplina in esame. E’ la forma più grave di licenziamento e viene comminato per via di un grave inadempimento commesso dal lavoratore. L’azione del lavoratore è tale da compromettere il rapporto di fiducia con il suo datore di lavoro. 

Gli elementi della misura

Elemento costitutivo della giusta causa non previsto dalla legge, ma dedotto dalla giurisprudenza, è l’immediatezza degli effetti del provvedimento espulsivo (c.d. licenziamento in tronco), che resta comunque compatibile con un congruo intervallo di tempo necessario all’accertamento dei fatti contestati al lavoratore.

In tale fattispecie, la condotta del lavoratore è così grave da determinare il recesso immediato dal rapporto di lavoro, senza la corresponsione, da parte del datore di lavoro, dell’indennità di preavviso. La giusta causa di licenziamento deve determinare il venir meno dell’elemento fiduciario. Il giudice dovrà valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, dall’altro, la proporzionalità tra i fatti contestati e la sanzione. Al fine poi, di accertare se la lesione dell’elemento fiduciario, sia tale da giustificare l’applicazione della massima sanzione disciplinare.

La differenza con il giustificato motivo soggettivo

Nel caso di licenziamento per giusta causa, la misura sarà così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria del rapporto lavorativo, per cui ci sarà una risoluzione immediata del contratto. Nel caso invece di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, la condotta sarà grave ma non così tanto da interrompere immediatamente il rapporto. In tale ipotesi, il dipendente avrà diritto al periodo di preavviso, ovvero un lasso di tempo tra il giorno della comunicazione del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro. Dunque nel caso di licenziamento di giusta causa, il rapporto di lavoro è interrotto immediatamente. Non è prevista alcuna indennità, mentre nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, è prevista l’indennità di preavviso.

Assetto normativo e riforme

Nel nostro ordinamento, la normativa riferita al licenziamento è costituita dalla Legge n. 604/1966 e dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/1970), che tutelano i lavoratori nelle ipotesi di licenziamento illegittimo. La Legge n. 92/2012 (c.d. riforma Fornero) ed il D.lgs. n. 23/2015 il c.d. sistema a tutele crescenti.

L’impugnazione del licenziamento per giusta causa

Nei casi di accertata illegittimità di licenziamenti per giustificato motivo e per giusta causa, il D.Lgs. n. 23/2015 prevede un indennizzo economico onnicomprensivo commisurato all’anzianità di servizio e non soggetto a contribuzione previdenziale. Il giudice dichiarerà estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un’indennità. Quest’ultima non soggetta a contribuzione previdenziale e di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio. Il tutto in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità.

I termini di impugnazione del licenziamento sono fissati a 60 giorni, calcolati a partire dal giorno in cui la lettera di licenziamento è ricevuta dal lavoratore. Quest’ultimo dovrà scrivere una lettera all’azienda in cui dovrà confermare la volontà inequivoca di impugnare il recesso del contratto di lavoro