10 Dicembre 2021 - 15:48

Lina Wertmüller: la prima regista donna candidata agli Oscar

Lina Wertmüller

Se n’è andata ieri mattina Lina Wertmüller, uno dei personaggi più importanti della scena culturale italiana. La donna che verrà ricordata per sempre come la prima regista ad essere candidata agli Oscar

Si è spenta ieri mattina all’età di 93 anni Lina Wertmüller, una delle più importanti registe cinematografiche della storia della settima arte; nonché una delle personalità artistiche più influenti del cinema italiano.

Lina Wertmüller verrà sempre ricordata come la prima donna regista ad essere stata candidata agli Oscar. E’ sempre ironico pensare a come sia stata un’italiana ad aver segnato un traguardo così importante nella Storia del premio più prestigioso di Hollywood

Così facendo, la Wertmüller si è resa capostipite di una ristretta cerchia (quasi d’elite) che comprende tutte le registe che sono state candidate all’Oscar, che ad oggi conta solo 7 donne: Greta Gerwig e Jane Campion (qui è possibile vedere il loro tributo all’artista scomparsa), Sofia Coppola, Kathryn Bigelow, Emerald Fennell e Chloé Zhao. L’exploit è arrivato solo lo scorso anno quando, per la prima volta, due donne sono state nominate nella categoria di “Miglior regista”, con la vittoria andata infine a Chloé Zhao.

Ma, come già è stato detto in precedenza, a dare inizio a tutto è stata Lina Wertmüller, solo nel 1977(!) per la pellicola “Pasqualino Settebellezze”. Il film racconta la storia di Pasqualino, interpretato da Giancarlo Giannini, un giovane proletario che, nella Napoli del 1936, uccide il seduttore di una delle sette sorelle e viene rinchiuso in un manicomio criminale. La pellicola procede con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando Pasqualino diventa un disertore e viene rinchiuso in una prigione nazista. Il racconto di una vittima che finisce per diventare un mostro.

Pasqualino Settebellezze verrà acclamato dalla critica italiana ed estera, al punto da venire candidato a ben quattro premi Oscar: Miglior Attore Protagonista, Miglior Film Straniero, Miglior Sceneggiatura e, ovviamente, quella a Lina Wertmüller come “Best Director”. Riguardo al momento in cui è stata informata della candidatura, ricorderà in seguito: “All’epoca ero a San Francisco per girare “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” con Candice Bergen e Giancarlo Giannini. Ovviamente ero contenta, ma devo ammettere che in quel momento, forse perché ero così concentrata sul film che stavo girando, non mi rendevo conto di quanto fosse importante. Forse [anche] perché non ho mai dato troppa importanza ai premi”.

Solo lo scorso anno, l’Academy Awards le aveva riconosciuto nuovamente i suoi tanti meriti, conferendole l’Oscar alla Carriera.

L’EREDITA’ DI LINA WERTMULLER

Su come si sente ad essere la prima donna nominata nella categoria di miglior regia, Lina Wertmüller ha raccontato alla rivista americana “Variety”: “È stata la reazione dei media che mi ha fatto capire quanto fosse significativa la mia nomina. Dato che ero negli Stati Uniti, sono stata inondata di richieste di interviste da reti televisive e giornali. Qualcuno mi ha detto che i telegiornali strombazzavano la nomina come se fosse un evento storico. In realtà, col senno di poi, lo era , soprattutto per le donne di tutto il mondo. Ancora oggi ricevo lettere di ringraziamento da registe che affermano di essere state ispirate dalla mia esperienza.

Ha anche aggiunto, però, che il prestigio di tale riconoscimento non l’ha mai allontanata dalla sua personale visione e concezione di fare cinema. Una visione che ha sempre difeso con le unghie e con i denti. 

[la nomination] ha avuto un impatto importante, ma non ha cambiato la mia vita. In qualche modo, sentivo che non dovevo lasciarmi trasportare dallo straordinario successo che stavo riscontrando. Come dico sempre, credere nel successo – e lo stesso vale per il fallimento – può essere molto rischioso.”

IL PERCORSO ARTISTICO 

Lina Wertmüller, il cui nome completo era Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, era nata il 14 Agosto 1928 a Roma. Si appassiona sin da subito alle arti, e in modo particolare al teatro e al cinema.

Si iscrive in una scuola di teatro a 17 anni, anche se il suo debutto nel mondo del cinema avviene grazie all’aiuto di una sua vecchia amica e compagna di scuola: Flora Carabella, moglie di Marcello Mastroianni. E’ Flora che le suggerisce di frequentare Cinecittà. Un consiglio che si rivelerà estremamente prezioso, visto che proprio in quegli studi cinematografici che Lina Wertmüller farà la conoscenza nientemeno che con Federico Fellini, con la quale lavorerà come aiuto regista in “La Dolce Vita” e “8 e mezzo”. “Poi ho conosciuto Fellini… e da allora tutto è cambiato”- ha dichiarato diverse volte- “Sono stata in grado di vedere un modo di fare film che è rimasto dentro di me per sempre- come lei stessa dirà in seguito”.

Il debutto dietro alla macchina da presa arriva solo nel 1963, all’età di 35 anni. Lina Wertmüller scrive e dirige il suo primo film: I basilischi. La pellicola è un ritratto della vita provinciale del Sud Italia, visto come un riparo dal mondo e dalle sue responsabilità. Un rifugio per giovani cresciuti nell’accidia, senza lo straccio di un ideale o di un obiettivo che non sia quello di una decorosa sopravvivenza.

Come lei stessa ha raccontato nella sua autobiografia, “Tutto a posto e niente in ordine”, l’idea per “I basilischi” è nata in seguito a una visita a Palazzo San Gervasio, il paese natale del padre. “Fu per me la scoperta di un mondo, di quella parte d’Italia tagliata fuori dalle rotte delle tante guerre e dalla Storia”- scriverà in seguito Lina Wertmüller– “Mi aveva fatto un grande effetto vedere i miei zii, i miei cugini e lo stile di vita che conducevano in quella terra del profondo Sud”. 

E’ solo l’inizio di una sfavillante carriera che vede titoli quali: “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”; “Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”; “Tutto a posto e niente in ordine”; “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico”; “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova”; “Si sospettano moventi politici”; “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia”; “Mimì metallurgico ferito nell’onore”.

A chi osava lamentarsi dei titoli troppo lunghi dei suoi film, lei replicava: “I produttori volevano titoli brevi perché secondo loro funzionavano di più, e io invece glieli facevo lunghi. Per uno scherzo quasi ottocentesco; mi divertiva che non se li ricordassero tutti”.

Col tempo, Lina Wertmüller con tutta la sua modestia e semplicità, diventa sempre più un’icona, complice il suo aspetto: capelli corti, vestiario quasi sempre tendente al nero e, soprattutto, i suoi distintivi occhiali bianchi: “Solari, balneari, regalano subito un clima di festa. Fanno parte del mio arredamento personale. Ne ordinai 5 mila paia in una fabbrica. Era l’ordine minimo, ma li paghi a rate”- ironizzò una volta.

L’iconica montatura ha anche ispirato il documentario a lei dedicato, dal titolo: “Dietro gli occhiali binachi”, diretto da Valerio Ruiz.

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