Livorno, operazioni antimafia: numerosi sequestri e denunce
Varie operazioni investigative antimafia da parte di Guardia di Finanza e Carabinieri hanno portato al sequestro di numerosi beni immobili a Livorno e provincia
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Carabinieri e Finanzieri di Livorno hanno oggi dato esecuzione ad un provvedimento – emesso dal Tribunale labronico – con il quale è stata disposta nei confronti di un soggetto di origine calabrese (F. M.), da lungo tempo residente, insieme alla famiglia, a Castagneto Carducci, l’applicazione della misura di prevenzione personale, nonché il sequestro e la contestuale confisca di beni immobili.
Le attività investigative della Procura di Livorno (Procuratore Capo, Cons. Ettore Squillace Greco e P.M. Dott. Massimo Mannucci) rappresentano lo sviluppo dell’ultima fase d’indagine svolta nei confronti di F. M., già destinatario, nei primi mesi del 2015, di un provvedimento di arresti domiciliari e, successivamente, di custodia cautelare in carcere per la commissione di più fatti di usura. In particolare, l’attività svolta dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, dal Nucleo Investigativo e dalla Compagnia dei Carabinieri di Cecina è stata finalizzata ad analizzare la posizione del soggetto calabrese, sulla base delle disposizioni previste dal Codice Antimafia, sia sotto il profilo della pericolosità sociale che in relazione alle modalità di acquisizione dell’enorme patrimonio immobiliare posseduto dallo stesso sul territorio provinciale.
Le indagini hanno consentito di ricostruire la storia criminale del proposto, che ha riportato condanne definitive, a partire dagli anni sessanta, tra l’altro, per porto abusivo e detenzione illegale di armi, sequestro di persona, estorsione, ricettazione e lesioni personali. Più volte tratto in arresto e indagato in numerosi procedimenti penali, sia in Italia che nella Repubblica di San Marino (anche per associazione a delinquere, usura, ricettazione, riciclaggio, violazione di domicilio, minaccia, lesioni personali, molestia e disturbo alle persone), è stato condannato di recente dal Tribunale di Livorno (il 10 luglio 2015) alla pena di 4 anni per un’ipotesi di usura. Rispetto, invece, all’ulteriore procedimento penale avviato nel 2013 per altre fattispecie di usura, l’Autorità Giudiziaria ha emesso di recente l’avviso di conclusioni delle indagini.
Sulla base delle risultanze emerse dalle indagini penali – unite all’ampia disponibilità finanziaria e patrimoniale appurata dalla Guardia di Finanza e a una serie di frequentazioni sospette con soggetti gravati da plurimi precedenti penali – il Tribunale ha ricondotto il proposto nella categoria dei soggetti “socialmente pericolosi” per la sicurezza pubblica ai sensi della normativa antimafia, in quanto abitualmente dedito ai traffici delittuosi, e che vive, almeno in larga parte, con i proventi delle attività illecite. Il provvedimento che ha stabilito l’applicazione della misura di prevenzione ha spesso richiamato le indagini svolte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Livorno e della Compagnia di Cecina, condotte con intercettazioni telefoniche ambientali e lunghi pedinamenti; fatti per i quali il soggetto è tutt’ora imputato.
Un’attività investigativa e di riscontro che ha accertato una linea di continuità tra queste ultime imputazioni e tutti gli elementi raccolti in precedenza, tra i quali spicca la sentenza di condanna per usura emessa nel 2015 per fatti risalenti al 2005. Le suddette attività investigative e sentenze dell’Autorità Giudiziaria testimoniano il fatto che F. M. è da molti anni attivo sul territorio della provincia di Livorno nelle veste di usuraio, ruolo che gli ha consentito di accumulare un ingente patrimonio, soprattutto immobiliare. Parallelamente, i militari della Guardia di Finanza hanno appurato, sotto un profilo patrimoniale, un’evidente sproporzione – in particolare, per le annualità 2005, 2007, 2008 e 2009 – tra i redditi (anche cospicui) dichiarati dal soggetto (e il coniuge) con il patrimonio immobiliare acquisito, in parte intestato formalmente a uno o più figli della coppia. Tali rilevanti incongruenze – supportate anche da numerose segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema finanziario e non giustificate dal proposto a seguito di un lungo contraddittorio avvenuto presso il Tribunale labronico nel corso di più udienze – fa presumere che gli investimenti immobiliari effettuati dallo stesso siano avvenuti attraverso i proventi derivanti dalle attività criminose.
Il soggetto, infatti – pur gestendo ufficialmente dal 2000 un’attività agricola (tramite ditta individuale) con redditi irrisori – ha percepito, per lo più, entrate derivanti da locazioni immobiliari, denotando, tuttavia, una “facilità” di reperimento delle risorse finanziarie, che lo ha portato ad acquistare le proprie unità immobiliari senza mai ricorrere all’accensione di mutui ipotecari o a finanziamenti di qualsiasi genere. In otto anni, tra il 2005 e il 2013, sono stati ricostruiti sui conti correnti, accesi presso istituti di credito italiani, prelevamenti e versamenti di denaro contante per complessivi 1,6 milioni di euro, mentre presso un istituto di credito di San Marino l’Autorità giudiziaria di quel Paese ha appurato, nel tempo, versamenti per oltre 1,5 milioni di euro. Sulla base dei presupposti di natura personale e reale, il Tribunale ha disposto nei confronti di F.M. la misura della “sorveglianza speciale” notificata dai Finanzieri e dai Carabinieri, per la durata di tre anni, nonché il divieto di soggiorno nelle province di Livorno e Pisa, fatta eccezione per il Comune di residenza, Castagneto Carducci; e il sequestro e la contestuale confisca di n. 27 unità immobiliari.
In aggiunta, su richiesta sempre della locale Procura della Repubblica, è stato disposto il sequestro e la confisca di ulteriori n. 2 unità immobiliari, poiché ritenute, sulla base delle indagini svolte in ambito penale dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, beni direttamente frutto dell’attività illecita di usura posta in essere dal proposto. Tali unità immobiliari, il cui valore complessivo si aggira sui 4 milioni di euro, sono costituite da n. 13 appartamenti, n. 6 terreni, n. 5 autorimesse, n. 1 fabbricato ad uso industriale, n. 1 magazzino, n. 1 locale uso stalla, n. 2 unità adibite a corte comune, ubicate nei Comuni di Castagneto Carducci (n. 14), San Vincenzo (n. 4), Cecina (n. 6) e Campiglia Marittima (n. 5). Tra gli immobili sottoposti a sequestro, si segnalano: un immobile con annesso terreno dalla superficie di 16.000 mq sito nel Comune di Cecina, acquisito all’asta, il cui valore venale medio si attesta intorno ai 500.000 euro; un capannone industriale in Castagneto Carducci, acquisito all’asta, il cui valore di mercato può sfiorare i 400.000 euro; un terreno (adibito a Stazione di servizio per carburanti) dalla superficie di 1.300 mq; un appartamento, con annesso terreno di 1.800 mq, ubicato nelle campagne di Castagneto Carducci, dal valore medio di circa 700.000 euro, acquisito dal proposto nel 2009 per 180.000 euro.
Si tratta, peraltro, di beni che sono attualmente vincolati anche come sequestro di natura penale, eseguito dai militari della Guardia di Finanza alla fine del 2014 nel corso della prima tranche dell’operazione condotta con il Nucleo Investigativo dei carabinieri di Livorno, a seguito di un provvedimento emesso a suo tempo dal GIP del Tribunale di Livorno, attualmente coperto dal giudicato cautelare in ragione della pronuncia della Corte di Cassazione intervenuta nel mese di giugno 2015, che ha riconosciuto la piena legittimità del provvedimento ablativo. E’ stata informata l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, che ha affidato l’incarico ad un amministratore giudiziario per la gestione degli stessi beni. In questo contesto, si segnala, altresì, che la Guardia di Finanza ha contestato nei confronti di un notaio e di quattro responsabili di istituti di credito e uffici postali omesse segnalazioni di operazioni sospette per circa 340 mila euro.
Tali soggetti, infatti, sottoposti per legge agli obblighi antiriciclaggio, avrebbero dovuto segnalare, in ragione
degli elementi informativi in proprio possesso, all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, le predette operazioni, anche per consentire agli organi investigativi di avviare celermente le successive attività d’indagine.
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