1 Ottobre 2018 - 12:55

Manifestazione PD: il partito ha davvero capito la lezione?

Manifestazione

Il PD è sceso in piazza ieri a Roma in un corteo contro il Governo. Una manifestazione che sa tanto di mea culpa, ma la svolta dov’è?

Il cambiamento è un sentimento che sta animando sempre di più la politica odierna. A partire dal Governo, che per l’appunto ha usato questo appellativo fin dalla sua istituzione, fino all’opposizione, che sembra che stia cambiando completamente il suo modus operandi. Il PD ha preso coscienza della batosta presa lo scorso 4 Marzo, così come sembra che abbia preso coscienza anche per quanto riguarda le tendenze odierne. A questo proposito, la manifestazione di ieri è servita a dare forti indicazioni.

Ad oggi Lega in primis e poi il Movimento 5 Stelle hanno completamente azzerato gli altri partiti, mangiando tutti i voti e assorbendo tutti gli elettori di Forza Italia da una parte e del PD dall’altra. In questo senso, l’unico modo per contrastare l’ascesa politica, ormai già conclamata, del duo di Governo, è quello di ripartire dal basso ed essere decisamente più vicini al popolo. Di essere, in poche parole, un vero e proprio partito “sociale”, impostazione che la Lega e il Movimento 5 Stelle hanno preso ad occhio ed hanno fatto propria.

Per la prima volta da quando è diventato segretario, Martina ha parlato di “unità” e si è soffermato su come questa debba essere il punto di partenza per l’ennesima rifondazione di una compagine che, ad oggi, non ha più molto da dire. Sono anche piovute autocritiche: “Abbiamo capito, abbiamo capito. Adesso però dateci una mano. Ci avete dato una lezione. Allora più unità, più ascolto, meno arroganza e meno vanità.

Il punto, però, è un altro, ed è molto serio. Se, come dice Martina, il PD ha davvero capito, perché si ostina a mantenere in formazione, ancora, i “renziani”?

La maschera del cambiamento

Diciamocela tutta: francamente, a parole, son tutti bravi a dichiarare il proprio cambiamento. Lo ha già fatto il Movimento 5 Stelle, salvo poi rivelarsi una vera e propria delusione per chi sperava in una nuova linfa politica. Non è da nascondere: l’alleanza con la Lega ha assestato un bel colpo alle speranze degli elettori di sinistra delusi. Questi ultimi hanno votato il partito di Beppe Grillo proprio per sperare in qualcosa di nuovo.

Dopo un primo periodo in cui il Partito Democratico ha provato ad opporsi al Governo, in modo alquanto maldestro e senza senso, il segnale che Martina ha voluto dare con la manifestazione di ieri è stato significativo. Un segnale che parla di una rifondazione interna. Un “mea culpa” che è stato in gran parte apprezzato da tutto il pubblico presente ieri al plebiscito.

Un dettaglio che, però, è sfuggito alla maggior parte della popolazione presente è quello delle persone presenti su quel palco. Sì. Perché un partito che vuole segnare uno stacco netto col passato, una vera e propria ricostruzione da zero, non può avere al suo interno i membri che ne hanno provocato il crollo.

Renzi, Delrio, Marcucci e Calenda erano presenti tutti alla manifestazione. E, in un partito politico che mira a ripartire daccapo, una cosa del genere non è tollerabile. Tutto ciò che è stato pronunciato durante la manifestazione, a questo punto, viene a scadere nell’anonimato e nelle classiche “bugie” da politica. Sembra quasi che siano state create per dare il contentino a tutti quegli elettori che davvero ci credono ancora. Per tutti coloro che credono ancora in qualcosa che possa arginare la deriva populista del Paese.

Ultima strada: la rifondazione

Qual è, dunque, la soluzione per venire incontro ai problemi del popolo e riconquistare la fiducia della terza classe? Semplice: potare i rami secchi. Ci vuole gente nuova, gente che non faccia dell’arroganza il piede perno della politica del partito. E la manifestazione di ieri può essere solamente un inizio, un punto da cui partire per sviluppare la nuova sinistra.

Una sinistra che, col passare degli anni, si è spostata sempre di più verso il centro, fino ad ottenere addirittura una sorta di deriva conservatrice con Renzi. Il partito deve riacquistare la sua matrice progressista, che l’ha sempre portato dalla parte delle classi più deboli e dalla parte “giusta” della lotta sociale.

Certo, ben venga il rinnovamento. La cosa da evitare, però, in questo caso, è quella di non intraprendere una strada di conseguente allontanamento dal centro nevralgico che costituisce il Paese: gli operai.

E, per fare ciò, misure neoliberiste come il Jobs Act non devono essere nemmeno prese in considerazione. Perché, paradossalmente, in un sistema neoliberista, non c’è spazio per nessuna sinistra. Non c’è spazio per nessuna protesta vera. Non c’è spazio per nessuna manifestazione.

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