7 Dicembre 2022 - 16:41

Matteo Becucci, che mi porterà a mangiare giapponese

"La Cucina Giapponese" è un pezzo del 2011, metafora dell'incomunicabilità: questa intervista è un'occasione per riscoprirla, e con lei il suo interprete Matteo Becucci

Matteo Becucci

E’ disponibile su tutte le piattaforme di musica digitale dallo scorso 2 dicembre, “Che Natale è”, il singolo (prodotto da Roberto Vernetti) nato dalla collaborazione tra Matteo Becucci, vincitore di X Factor nel 2009 e coach di Tale e Quale Show su Raiuno, e Franca Pinna, tra le più importanti e significative esponenti della musica popolare sarda. Tutti i proventi del brano sosterranno i progetti benefici dell’associazione La Casa de los Niños che, operante in Bolivia, si occupa di dare sostegno a famiglie e bambini in difficoltà.

Matteo, raccontami qualcosa in più di questo progetto.

La collaborazione con Franca Pinna è nata decisamente per caso. Un giorno, il produttore Roberto Vernetti mi ha telefonato per chiedermi se avessi voglia di prendere parte ad un progetto con lei. Io ho guadagnato tempo, ho ascoltato tantissimo repertorio di musica popolare sarda e poi ho accettato scrivendo una parte del brano, quella che attinge maggiormente al pop. Ho conosciuto poi Franca, che è una persona straordinaria, e così è nata “Che Natale è”.

Il risultato è una amalgama particolare.

Il concetto alla base del brano è il ricongiungimento: scrivendo io ho pensato a tutte quelle persone che per due anni, a causa del Covid, sono rimaste lontane, separate.

“Vorrei tu fossi qui con me”, canti ad un certo punto. E’ un verso che dedichi a qualcuno in particolare?

Ci si separa per i motivi più disparati: perché la vita va così, e a un certo punto ti toglie le persone che ami, io per esempio ero molto legato ai miei nonni che non ci sono più. E oggi che sono padre divorziato  di due splendide ragazze, una suona e canta anche lei e quando siamo a Livorno letteralmente mi occupa casa, forse mi piacerebbe stare più con loro. Il mio lavoro mi porta spessissimo in giro, lontano; cerco, tuttavia, di fare il possibile per esserci con i messaggini, le videochiamate.

E continui con: “Che se ci pensi perfino un’isola, se la guardi giù in profondità, è anche lei parte di questa stessa terra” Tu ti sei mai sentito un’isola?

Moltissime volte. Come se ne esce? Come da qualsiasi altra brutta situazione che ci capita nella vita: affrontandola con coraggio. Se si ha poi la fortuna di avere accanto persone che ti sostengono è tanto di guadagnato.

Ma c’è comunque la musica a restituirti un certo senso di appartenenza.

La musica è più che altro un mezzo. Un mezzo per dare voce alle proprie sensazioni, alle proprie emozioni e tirarle fuori. E’ chiaro che ci sono grandi dolori, come grandi gioie, che è difficilissimo tradurre in   musica. Ma provare a parlarne è già un primo, importantissimo passo.

Hai vinto X Factor nel 2009. In cosa senti di essere maggiormente cambiato?

Senz’altro prima ero molto più irascibile. Per carattere, avevo bisogno di avere tutto sotto controllo, di capire tutto, anche cose che – oggi lo so – non potevo o dovevo controllare, capire. Oggi sono forse più diplomatico ma di base se qualcosa non mi sta bene, lo devo dire.

La sincerità non è mai un difetto.

Certo che non è un difetto, ma a volte può essere un problema.

Sincerità per sincerità, penso che “La Cucina Giapponese” sia uno dei pezzi più sottovalutati della musica italiana contemporanea.

Grazie (ride, ndr.) Pensa che un giorno ero ospite a Radio2 e c’era anche Carlo Bertotto che mi disse “Quest’estate questa canzone spaccherà tutto”. Peccato che le radio, quelle che avrebbero potuto cambiare il destino della canzone, “La Cucina Giapponese” non l’hanno mai passata. Il meccanismo di un talent, poi, non aiuta: immediatamente dopo la vittoria una casa discografica investe su di te, poi inizia la nuova edizione e ti parcheggia. Ma tu non puoi neanche andartene finchè sei sotto contratto. Pensa che io a un certo punto, ho dovuto pagarmi di tasca mia un ufficio stampa, da privato.

Quindi le radio possono ancora decretare il successo di un brano, nonostante lo streaming?

Certo. E ti faccio due esempi: “Donne” di Zucchero, passata praticamente inosservata a Sanremo, ha conosciuto il suo più grande successo dal settembre del 1985, quando tutte le radio l’hanno messa in programmazione. E così per Gianna Nannini: Sei nell’anima all’inizio non la voleva nessuno: poi è bastato un passaggio su Radio Italia e la canzone è diventata un successo, riportando meritatamente in auge la Nannini dopo un periodo non facilissimo tra la fine degli Anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Lo streaming? Ti lascia le briciole. La verità è che il mercato discografico come potresti pensarlo tu oggi non esiste più perché ascoltare un disco costa praticamente zero.  Gli artisti che fanno grandi numeri, concerti sold-out in ogni hall, sono rarissime eccezioni.