9 Novembre 2016 - 14:42

Morto Umberto Veronesi: una vita dedicata alla lotta al cancro

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Umberto Veronesi, medico, scienziato ed ex senatore, si è spento a Milano all’età di 90 anni. A cosa si è dedicato? Scopriamolo in questo articolo

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Non ho paura di morire, è un compito biologico di ogni essere vivente, per lasciare spazio a nuove generazioni. Da medico mi appassionano gli studi sulla longevità ma il nostro vero obiettivo deve essere non solo vivere più a lungo, ma godere del tempo guadagnato, in uno stato di salute che consenta una vita attiva del corpo e soprattutto della mente.”

E Umberto Veronesi è riuscito in questo intento. Figura di riferimento nella lotta contro il cancro e nel panorama scientifico internazionale, ha vissuto in pieno il tempo a sua disposizione. Novant’anni di studi, di ricerca. Intensi, costantemente sulla cresta dell’onda, in virtù della sua fervida intelligenza, della sua brillante personalità e di una vivida curiosità che lo ha portato verso grandi traguardi, che hanno segnato e plasmato l’approccio alla medicina.

“Andate avanti, perché il mondo ha bisogno di scienza e ragione.” Questa la preziosa eredità che ci ha lasciato. Si è spento nella sua casa milanese, circondato dall’affetto dei suoi cari, pochi giorni prima di spegnere 91 candeline. Fondatore e ispiratore della fondazione che dal 2003 porta il suo nome, ha posto un marchio insostituibile nel campo della ricerca italiana, rivoluzionando l’approccio alle malattie oncologiche. Ha ricoperto il ruolo di direttore scientifico emerito dell’Istituto Europeo di Oncologia. È stato direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Ed ha rivestito l’incarico di Ministro della Sanità tra il 2000 e il 2001.

I suoi studi

Il cancro è stato la sua sfida, a cui si è dedicato con passione in tutta la sua carriera di medico e ricercatore. In particolare il carcinoma mammario, prima causa di morte per tumore nella donna. Veronesi ha teorizzato la quadrantectomia, tecnica chirurgica a minore impatto estetico e psicologico rispetto alle tecniche precedentemente utilizzate, e di pari efficacia se confrontata con la mastectomia.

È poi passato al “linfonodo sentinella” e infine alla radioterapia intraoperatoria. Amava dire che una donna deve uscire dalla sala operatoria così come era entrata, grazie a tecniche meno invasive finalizzate a salvaguardare l’immagine e l’autodeterminazione femminile, anche di fronte alla malattia. Quando, nel 1969, espose i risultati della sua ricerca sulla quadrantectomia, nel corso di un congresso a Ginevra, venne accolto con diffidenza.

Ero giovane, ero italiano – ha raccontato Veronesi – e venivamo, per questo, considerati scienziati di serie B e in più trasgredivo all’ortodossia del tempo. In altre parole mi diedero del pazzo.” Ma il tempo gli diede ragione. Dopo circa 30 anni, gli americani, che a Ginevra gli avevano puntato il dito contro, furono costretti a dargli atto della veridicità delle sua teorie.

Il 17 ottobre 2002, infatti, il New England Journal of Medicine pubblicò un lavoro che dimostrava i medesimi tempi di sopravvivenza di donne sottoposte a quadrantectomia rispetto a coloro alle quali era stata asportata tutta la mammella in base alle tecniche tradizionali. I suoi studi, investiti nel tentativo – ben riuscito – di alleviare le sofferenze delle donne dal punto di vista non solo clinico ma anche estetico e psicologico, gli valsero la nomina, da parte di un’associazione femminile, di “Donna ad honorem”.

Ma non solo. Si è espresso ed ha portato avanti le sue posizioni anche in merito a tematiche etiche e sociali. Perché per lui scienza ed etica sono indivisibili e, come tali, non hanno ragion d’essere l’una senza l’altra. “Compito della scienza – ha sempre precisato Veronesi – è aprirsi al mondo, confrontarsi e dialogare con la società, prendere posizione e assumersi la responsabilità di esprimersi su importanti temi sociali.”

L’autodeterminazione del malato, in primis. E poi la morte, i diritti degli omosessuali, l’opposizione all’ergastolo, il diritto all’asilo dei migranti. Anche a costo di attirare critiche, di creare opinioni discordanti o dissenso. E ancora, l’eutanasia, della quale era forte sostenitore. E la corretta alimentazione e il vivere sano, di cui parlava come di una vera e propria “assicurazione sulla vita”.

Amare se stessi dovrebbe prevedere una cultura alimentare rigorosa, nella quale applicare ciò che si è scoperto grazie alla divulgazione dei risultati della scienza. Circa il 50% delle malattie più gravi e invalidanti è riconducibile allo stile di vita, e stile di vita significa anche alimentazione”.

Nel 1995, ha dato vita ad una delle sue campagne di sensibilizzazione più forti, quella sulla legalizzazione delle droghe leggere, al fine di ottenere una regolamentazione dell’uso terapeutico dei derivati della canapa.

In qualità di Ministro della Sanità, si è battuto strenuamente nelle iniziative anti – fumo. È a lui che si deve la legge che sancisce il divieto di fumo nei luoghi pubblici.

Notevoli anche i suoi studi sulla longevità: “È qui, nel nostro cervello che credo stia il segreto della longevità, non dare nulla per scontato, coltivare la curiosità, il desiderio e la trasgressione, senza adeguarsi mai alle regole che non possiamo condividere.”

Parlava della professione di medico con dedizione e passione: “Bisogna amare la gente per fare il medico, se non sai ascoltare il malato, se non ti chiedi di cosa ha paura e cosa desidera, sei poco più di un bravo tecnocrate”.

Alla cultura scientifica mondiale non resta che accogliere e dare seguito all’immensa eredità lasciata da Umberto Veronesi. Oltre che rivolgergli un “Grazie, Prof“.

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