Natalia Ginzburg, la perpetua ricerca della verità
I saggi raccolti in “Le piccole virtù” ci trasportano nel pensiero, nella storia e negli insegnamenti di una delle autrici più influenti del Novecento
Natalia Ginzburg trascorre la sua infanzia a Torino da emarginata, trovando conforto soltanto nella scrittura. Fin dalla sua travagliata gioventù credette fortemente che sarebbe riuscita a diventare una scrittrice. Dedicò tutta la vita alla sua passione a cui poi seguì anche l’impegno politico e sociale.
Una testimonianza di vita vissuta
“Le piccole virtù” è una raccolta di saggi scritti anche a distanza di molti anni dalla Ginzburg pubblicati su giornali e riviste. Un viaggio nel tempo e nei luoghi che permette di comprendere attraverso le parole, le più dettagliate sfumature della difficile e dolorosa vita passata con tutta la prepotente forza della malinconia.
Inverno in Abruzzo
La raccolta si apre con “Inverno in Abruzzo”, storia di un “esilio” nel quale l’autrice seguì il suo primo marito, Leone Ginzburg, perseguitato e poi ucciso in carcere durante la seconda guerra mondiale. “I sogni non si avverano mai e non appena li vediamo spezzati, comprendiamo a un tratto che le gioie maggiori della nostra vita sono fuori dalla realtà. Non appena li vediamo spezzati, ci struggiamo di nostalgia per il tempo che fervevano in noi. La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranze e di nostalgie.” La Ginzburg ci trasporta con uggiose parole in una lucida e rassegnata comprensione sul valore del tempo e dei sogni, in quello che fu un periodo destinato a cambiarla per sempre.
Ritratto d’un amico
Impossibile da non menzionare è poi “Ritratto d’un amico”, quella che è stata definita, da Italo Calvino, “la più bella cosa che sia stata scritta sull’uomo Cesare Pavese.” Un punto di riferimento per la Ginzburg che ha sempre stimato a dismisura la gigante figura intellettuale dell’autore torinese. Ma Pavese ancor prima di essere un collega era un amico caro, un uomo con il quale condivideva piccoli momenti quotidiani. Momenti che probabilmente gli stavano troppo stretti, che erano per lui tristi e frustranti. “Gli restava dunque, da conquistare, la realtà quotidiana; ma questa era proibita ed imprendibile per lui che ne aveva, insieme, sete e ribrezzo; e così non poteva che guardarla come da sconfinate lontananze.”
Elogio e compianto dell’Inghilterra
In “Elogio e compianto dell’Inghilterra”, viene fuori una dettagliata e strabiliante descrizione dello stile di vita inglese così come dei suoi luoghi. La Ginzburg in questo passo mette in mostra tutto il suo patriottismo tirando in ballo la tesi secondo cui gli inglesi, rispetto agli italiani, pecchino di una forma di innata intelligenza che ci rende maggiormente creativi e fantasiosi.
Lui ed io
“Come potrei amare una cosa che non so ricordare?”, ci dice la Ginzburg in “Lui ed io”. Un affettuoso poema coniugale che descrive al meglio i contrasti e le incomprensioni che sono alla base di un rapporto affinché, superando le avversità, possa perdurare nel tempo. La dolcissima immagine finale è quella di un incontro, il primo, in cui i due inconsapevoli futuri amanti si trovano a condividere lo spazio di un tramonto. “In quell’antica nostra passeggiata a volte mi chiedo se eravamo noi, quelle due persone”, afferma l’autrice, “così giovani, così distratti, così disposti a dare l’uno dell’altra un giudizio distrattamente benevolo; a congedarsi l’uno dall’altra per sempre, quel tramonto, a quell’angolo di strada.”
Il mio mestiere
Ancora l’amore ritorna in “Il mio mestiere”, stavolta però è l’amore smisurato per la sua grande passione: la scrittura. “Tra i cinque e i dieci anni ne dubitavo ancora, e un po’ mi immaginavo di poter dipingere, un po’ di conquistare dei paesi a cavallo e un po’ d’inventare delle nuove macchine molto importanti. Ma dopo i dieci anni l’ho saputo sempre, e mi sono arrabattata come potevo con romanzi e poesie.” Nel passo la Ginzburg ci parla dei suoi personaggi, di come nascono e come si trasformano e di quanto sia importante essere felici mentre si scrive. Perché “è un mestiere che mangia il meglio e il peggio della nostra vita, i nostri sentimenti cattivi come quelli buoni confluiscono nel suo sangue. Si nutre e cresce in noi.”
Rapporti umani
In “rapporti umani”, l’autrice espone un simbolico parallelismo tra ricchi e poveri, tra forti e deboli. È interessante notare come chi in realtà abbia un animo ricco sia considerato un debole ed un emarginato mentre chi ha un animo povero sia esaltato e riconosciuto forte dagli altri. “Ma gli altri esistono?”, si chiede la Ginzburg, se non esistono perché dovremmo temere il loro giudizio? Perché siamo così succubi di ciò che pensano gli altri di noi? Perché diamo importanza di più a ciò che è fuori di noi senza ascoltare le voci che abbiamo dentro? Il discorso continua poi sull’interrogativo dell’anima gemella. Per l’autrice la persona giusta la incontriamo quando restiamo indifferenti e distratti e pian piano ci accorgiamo di cose che non avevamo mai notato prima. Forse perché siamo pronti a vedere una cosa quando vogliamo vederla e riusciamo solo allora ad aprire e condividere tutte le nostre più intime fragilità. Si tratta di una persona a cui “possiamo chiedere tutto quello che è necessario al nostro cuore.”
Le piccole virtù
L’ultimo passo da cui prende il titolo la raccolta è “le piccole virtù”, un brillante saggio sull’educazione dei figli. A loro, secondo la Ginzburg, devono essere insegnate le grandi virtù e non quelle che lei definisce piccole: non il risparmio, ma la generosità, non la prudenza, ma il coraggio, non l’astuzia, ma la schiettezza, non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere. Di solito viene fatto il contrario secondo l’autrice. “E’ meglio che i nostri figli sappiano fin dall’infanzia, che il bene non riceve ricompensa e il male non riceve castigo: e tuttavia bisogna amare il bene e odiare il male: e a questo non è possibile dare nessuna logica spiegazione.” Dovremmo lasciar libere di germogliare le aspirazioni di ognuno, non ingabbiare i figli in quelle che in realtà sono le aspettative dei genitori ma farli vivere delle loro passioni. “Quello che deve starci a cuore è che ai nostri figli non venga mai meno l’amore alla vita. E cos’è la vocazione di un essere umano se non la più altra espressione di amore per la vita?”, conclude la Ginzburg, “perché l’amore alla vita genera amore alla vita.”
La letteratura per la Ginzburg
Sarebbero tanti altri i passi da citare di questa piccola grande opera che racchiude il pensiero, la vita, e gli insegnamenti di Natalia Ginzburg. Ogni pagina dell’autrice è infatti in grado di lasciare un segno nell’animo, ogni rigo pone un interrogativo insondabile che spetta al lettore giudicare ed interpretare. È importante però per concludere, mettere in luce come al centro del suo universo letterario ci sia sempre un’immagine, un’esperienza, qualcosa di vissuto. Niente è lasciato al caso o alla fantasia. L’autrice è fedele alla sua idea di verità letteraria. “L’insincerità dell’artista può essere mancanza di fede: un tradimento al suo modello ideale. Dire la verità. Solo così nasce l’opera d’arte.”
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