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Papa Francesco in sinagoga, l’abbraccio con la comunità ebraica

La visita di Papa Francesco ieri, 17 gennaio 2015, alla sinagoga di Roma 30 anni dopo quella di Giovanni Paolo II e di papa Benedetto 6 anni fa

[ads1] Con un grande abbraccio è iniziata la visita di papa Francesco alla sinagoga di Roma, quasi a simboleggiare l’incontro spirituale e politico che sussiste tra le due religioni: quella cristiana e quella ebraica, un incontro che deve porsi all’insegna del dialogo secondo quanto tracciato dai pontificati romani post guerra e da quelli di Giovanni Paolo II e di Ratzinger. Papa Francesco ha fatto visita alla sinagoga ebraica esordendo con la storica frase con cui trent’anni fa giunse papa Woytila:”Todà rabbà” (“grazie tante”).

il papa in sinagoga

Il discorso del papa è poi proseguito sui temi della solidarietà e della vicinanza tra comunità religiose, nel rispetto e amore reciproco e di Dio.Conflitti, guerre, violenze e ingiustizie – aprono ferite profonde nell’umanità e ci chiamano a rafforzare l’impegno per la pace e la giustizia. La violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra quale dono di Dio. Il quinto comandamento del Decalogo dice: ‘Non uccidere’. Dio è il Dio della vita, e vuole sempre promuoverla e difenderla; e noi, creati a sua immagine e somiglianza, siamo tenuti a fare lo stesso. Ogni essere umano, in quanto creatura di Dio, è nostro fratello, indipendentemente dalla sua origine o dalla sua appartenenza religiosa. Ogni persona va guardata con benevolenza, come fa Dio, che porge la sua mano misericordiosa a tutti, indipendentemente dalla loro fede e dalla loro provenienza, e che si prende cura di quanti hanno più bisogno di lui: i poveri, i malati, gli emarginati, gli indifesi. Là dove la vita è in pericolo,  siamo chiamati ancora di più a proteggerla. Né la violenza né la morte avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita”. Queste le parole del Santo Padre, accompagnate dalla semplicità dell’incontro, che come è stato sottolineato da Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, l’incontro del papa “Non porta i segni dei ritualismi  “con questa visita ebrei e cattolici lanciano oggi un messaggio nuovo rispetto alle tragedie che hanno riempito le cronache degli ultimi mesi: le fede non genera odio, non sparge sangue, richiama al dialogo”. Adeguate sono statele misure di sicurezza approntate, una vigilanza di 800 uomini fra poliziotti e carabinieri. Ad attendere il pontefice ci sono stati oltre a Dureghello, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, e uomo chiave della Fondazione museo della Shoah e il rabbino capo  di Roma, Riccardo Di Segni, che così si espresso: “Secondo la tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa” e quindi, ha aggiunto, “è decisamente il segno concreto di una nuova era”, un evento che “si irradia in tutto il mondo con un messaggio benefico” e che “si oppone  all’invasione e alla sopraffazione delle violenze religiose”. [ads2]
Redazione ZON

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