Politica

PD come ago della bilancia della Legislatura

PD come ago della bilancia di un futuro Governo. Le due alternative in vista del secondo giro di consultazioni

Il primo giro di consultazioni è andato a vuoto ed in attesa della fine del secondo incontro (previsto per oggi) le dinamiche sviluppatesi in questi giorni hanno confermato un unico dato. Al netto delle posizioni dei due gruppi maggiormente accreditati dai numeri per formare un Governo (Centro – destra e M5S), il PD si ritrova nella complicata posizione di ago della bilancia della Legislatura appena cominciata. Ciò che i fatti hanno mostrato in questi giorni ha reso visibile un paradosso (politico) in cui il maggior partito del centro-sinistra, oltre ad essere stato condannato da una legge elettorale sciagurata portata avanti a colpi di maggioranza (dallo stesso PD), si ritrova a fungere da spalla obbligatoria in un possibile esecutivo a breve/medio termine. Nel marasma generale, quindi, si possono considerare solo – ed esclusivamente – due scenari che garantirebbero all’organizzazione guidata da Martina solamente la speranza di non subire ulteriori gravi danni dopo la debacle elettorale. Escludendo a priori il prevalere della linea dell’opposizione a tutti i costi – che verrà sicuramente ridimensionata da un monito di Mattarella – nel caso in cui il PD dovesse accettare un appoggio esterno al centro-destra si dovrebbero realizzare due condizioni. La prima, di maggiore impatto, è quella di evitare la salita a Palazzo Chigi di Matteo Salvini, che verrebbe sostituito da una figura di minore impatto – mettendo meno in imbarazzo i dem – o, in alternativa, un Presidente terzo (sempre appartenente al centro-destra) più vicino alle disposizioni del Presidente della Repubblica. In secondo luogo, inoltre, si renderebbe necessario un patto di legislatura che potrebbe avere una durata variabile in base alle necessità politiche di ognuno. Nel caso in cui, invece, dovesse prevalere la sponda ai pentastellati – ipotesi, forse, più ostica a causa del forte astio fra il gruppo renziano, la maggioranza in Parlamento, e i grillini – le conseguenze sarebbero differenti. Infatti, il forte contrasto fra i gruppi rischierebbe di peggiorare le condizioni del Pd fino ad una non improbabile scissione. Il sentore, sin dalle famose dimissioni a metà di Renzi, è che in casa dem si spinga più verso una divisione tra le parti – con un nuovo gruppo guidato dall’ex Presidente del Consiglio – che ad una convergenza comune sulla problematica. Il M5S, molto più del centro-destra, aumenterebbe la distanza fra le aree democratiche – fin troppo evidenziata dai distinguo fra le minoranze e il gruppo maggioritario di questi giorni – e tenderebbe più alla divisione che alla sintesi fra le correnti.
Redazione ZON

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