10 Settembre 2018 - 12:53

Cos’è cambiato con la vittoria di Cuarón e Netflix al Festival di Venezia?

Netflix, Venezia

Con l’establishment di Venezia nei confronti di Netflix, con la vittoria di Roma di Alfonso Cuarón distribuito proprio dal colosso statunitense, qualcosa sta cambiando…

Dal secco “no” di Cannes ai film distribuiti e prodotti da Netflix, alla vittoria del dramma Roma di Alfonso Cuarón, molte opinioni sono state sollevate sul tema della presenza di pellicole distribuite da piattaforme streaming ai principali festival cinematografici.

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Appena conclusasi la 75esima edizione della Biennale, l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (ANAC), Federazione Italiana Cinema d’Essai (FICE) e l’ACEC, hanno immediatamente puntato il dito contro Venezia di assegnare l’ambito premio al regista messicano, perché distribuita da Netflix, rea di star di starmettendo in ginocchio il sistema delle sale.”

Ma a rincarare la dose è l’affermazione secondo la quale “il Leone d’Oro dovrebbe essere alla portata di tutti e non dei soli abbonati alla piattaforma“. Si tratta di una dichiarazione forse un po’ ipocrita e non allineata alla verità dei fatti in quanto il costo medio di un biglietto si aggira sul prezzo (non tanto modico) di 5-6 euro, mentre l’utilizzo mensile di un intero catalogo, in questo caso di Netflix, supera appena la decina d’euro. Ora, cosa è o meno alla portata di tutti?

Che questa sia una battaglia di campanilismo è un dato di fatto, perché voler mettere i freni a Netflix, ma più in generale a tutte le piattaforme streaming, è inutile e quantomeno insensato. Vuol dire non accettare una limpida verità: Netflix, Amazon e NowTV sono il futuro che giungono, nel bene o nel male, alle nostre porte, sui nostri televisori, pc, tablet e cellulari, ovunque.

Ciò che arriva ovunque è, pressoché, per tutti poiché i costi (almeno fino ad ora) sono assolutamente contenuti. Molto probabilmente gli esponenti del settore preferisco affrontare una “campagna” del genere piuttosto che una mirata a migliorare i prezzi dei biglietti di una proiezione al cinema, oppure incentivare modalità di sconti per giovani e famiglie, o ancora cercare di portare il cinema davvero in ogni città d’Italia.

Ostentare il cambiamento non è mai positivo: gli amanti della sala (o forse chi nel settore ci lavora) già in passato aveva trovato un primo nemico: la televisione. Ora, questa lotta sembra ormai passata, ma eccone subito un altra.

Si spera, ovviamente, che stia parlando la cara vecchia nostalgia – così come affermato da un regista dalle lunghe vedute come David Cronenberg – d’altro canto anche Guillermo del Toro e Cuarón l’hanno presa con più filosofia, cercando di far rientrare la questione in una visione più legata all’arte: “La cosa è rivoluzionaria per Netflix ma per il cinema non cambia nulla e non rappresenta uno spartiacque. Netflix non vincerà da oggi tutti i premi ma è importante che si possa continuare la dialettica del cinema“, ha affermato il regista premio Oscar quest’anno. Mentre il neo-vincitore del Leone d’Oro dichiara che “tutta questa discussione frivola sul nuovo sistema di fruizione delle opere cinematografiche, che sia in una sala o su una piattaforma in streaming, non tiene conto del fattore più importante, la diversità, la grande diversità“.

Insomma, la questione resterà aperta ancora per molto tempo e, probabilmente, soltanto il pubblico deciderà chi sarà il vincitore. Ma c’è un ultimo dettaglio da evidenziare: perché dover decretarne uno? Perché cinema e piattaforme streaming non possono essere legate assieme? Perché farsi la guerra? Perché una deve escludere l’altra? Perché un regista che crede nelle potenzialità di un determinato distributore deve essere messo da parte nel nome della “tradizione”? Perché non lasciare che sia l’arte a essere l’unico vincitore?

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