31 Luglio 2015 - 09:31

Primula Palinuri immagine del mondo ellenico

primula

A ZONzo si disperde nel colore della Primula di Palinuro, esplorando la ricchezza del museo in località Ficocella, terrazzo di un mare mitologico

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Quanto si racconta su Palinuro, forse uno dei nuclei turistici più noti del Cilento, e quanto affascina il Mito, quello di Palinuro nocchiero di Enea che ha avuto un rapporto diretto con questa fascia costiera, dove ha lasciato il cuore e la vita. Sono diverse le storie che s’incastrano tra loro, da cui emerge qualcosa: la bellezza fascinosa e travolgente di questa zona, che aveva conquistato “già gli antichi greci“.

Primula Palinuri

Primula Palinuri

Andando oltre il Mito, gli oggetti pervenuti possono scrivere la Storia, tramandarla attraverso una conoscenza scientifica e sensitiva, dove l’occhio e il tatto assumono un ruolo fondamentale. Anfore, oggetti quotidiani o per i riti funebri, particolarità e commistioni di stili, non sempre presenti su un solo reperto, ma commistioni cronologiche che scandiscono il tempo così mitologicamente tramandato dagli studiosi e dalla comunità.

E poi, insieme alla Primula Palinuri, unica in qualcosa, questo scenario su un tappeto di mare azzurro e limpido, diventa l’esperienza del viaggio di oggi con A ZONzo. Il mare, la ricchezza archeologica, i profumi e colori disegnano un immaginario tale da restare nel bagaglio culturale di turisti, studiosi e passanti.

Prima di soffermarci sulla particolarità della Primula, A ZONzo entra nel museo di Palinuro, esplorando con meraviglia la deliziosa raccolta pervenuta e archiviata in una piccola struttura, chiamato “Antiquarium” nata negli anni ’50.

Dalla necropoli della parte alta di Palinuro, “San Paolo“, sono state ritrovati l’80% dei reperti presenti nel museo, altri invece arrivano dalle tombe rinvenute alle “Saline” e altri nella zona della Molpa.

Dal Neolitico fino alle popolazioni italiche, ci ritroviamo un misto autentico e raffinato di ciò che è stato prodotto e poi lasciato in eredità dal passato. Demetra e il simbolo della prosperità, rappresentato dal maialino, che arriva dal mondo greco, è tra i primi pezzi importanti presenti nel museo. Si tratta di un corredo funebre, dedicato alla dea della prosperità. Le miniature greche, appartenenti al culto di Demetra, risalgono al VI secolo a.C.

Camminando nel piccolo museo arriviamo alle anfore, risalgono al IV secolo a.C. circa, tra cui il cratere (o anche denominato a motivi neri), dove si mescolavano le bevande. Anfore anche importate dall’Attica fino a Velia, vecchia Elea, poi diramate a Palinuro. Particolare la decorazione con gli occhi di Dioniso, dio del vino, usato per la buona fortuna. Piccole ciotole dove venivano preparati degli oli profumati dalle donne, e il kantaros greco dai cui deriva il cantàro napoletano.

I popoli pre-italici lasciano un corredo di oggetti che narrano il modo di vivere, ispirato anche dalla pace trovata nel luogo e dalla bellezza circostante. Le anfore erano di ottima manifattura, decorate con una composizione che univa sostanze vegetali, per poi essere cotti e restare indelebile (chiamato il nero greco).

Importante, unica direi, la pietra ritrovata sempre nella necropoli, che risale a circa 4-5000 anni fa, che riproduce la forma di una testa umana.

Un altro pezzo singolare è l’anfora pensata per gli oracoli, una sorta di roulette antica, concava, con una scanalatura e un ago centrale, con cui si faceva roteare per fare le proprie divinazioni.

Il kottabos, composto da coppe erotiche, con cui facevano giochi sessuali (o gioco della goccia del vino); consisteva in uno getto di vino tra due contendenti. Chi riusciva a raccattare più gocce di vino da questo lancio aveva diritto a prestazioni sessuali, consuetudine tramandata poi ai romani.

Giunti a Palinuro anche gli Enotri (da Enotra, terra del vino), che portano uno stile orientale e creativo dall’Asia Minore. Un popolo simbolico, innovativo, mistico. Oggetti che rimangono inediti, come i Pandi, calzari decorativi che andavano nella tomba.

Così come i kantaros, adibiti per la raccolta di acqua e di vino; particolare poi l’anfora con più colli, dove inserivano anche il miele, per addolcire il vino aspro. La “grolla dell’amicizia“, esprime a pieno la centralità della socializzazione. Infatti, i più colli presenti sulle anfore, permettevano di scambiarsela in gruppo e sorseggiare chiacchierando, condividendo e unendosi.

L’ancora in piombo manifesta la presenza tangibile della rotta commerciale romana a nord di Palinuro, dove affondarono le navi romane e dove si trovano molti relitti, anche se ad una profondità difficile da raggiungere.

primula palinuri

Primula Palinuri

Dal Neolitico abbiamo tutti i metalli e le ossature della pre-civiltà, con piccoli utensili per la vita quotidiana che conservano la memoria di un mondo ben strutturato e profondo conoscitore del contesto, flora e fauna.

Infine, le patere, le tre monete d’argento trovate dove nasce spontanea la Primula Palinuri, e poi portate all’estero, da cui deriva la storia di Palinuro, così interpretata: da un lato c’è PAL, che significa o rievoca il nocchiero di Enea, e dall’altro MOLE, che significa o rievoca la bellissima sirena Molpea, di cui era innamorato anche Morfeo. Palinuro, invaghito di lei, fu vittima del potere del suo rivale, rapito da un sonno inspiegabile che lo portò al naufragio; e parafrasando le parole di Virgilio, la gente del posto, selvaggia, lo uccise.

Usciti dal museo ci accoglie una boccata di bellezza, avvolti da un mare che sembra dipinto, circondato in diverse zone dalla nota Primula Palinuri. Particolare, rispetto a quella di Camerota, per la forma della foglia che è più larga, attecchisce ovunque, quindi rientra in una progetto di tutela ed è sotto la protezione del Parco del Cilento, nasce spontanea e decora le rocce che costeggiano questo infinito blu che si apre davanti ai nostri occhi (cuori). La Primula di Palinuro però si differenzia anche nel colore, perché contiene una carica di giallo che la rende la regina delle primule nel Cilento.

Forse anche il colore si adegua, si perfeziona e interpreta, queste forme così imponenti e poi minuziosamente scolpite che solo il Mito può elevare ad allegoria, idea, immagine eterna.

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